Una portaerei nucleare per l’Italia? Meglio una Ferrari dei mari che una Panda galleggiante


L’Italia del terzo millennio non può permettersi di viaggiare nei mari del mondo con la retromarcia inserita. Tra nuove tecnologie, deterrenza globale e interessi industriali, è tempo di smettere di fare i mozzi e iniziare a ragionare da ammiragli.


Diciamolo subito: pensare oggi a una portaerei nucleare per l’Italia non è più fantascienza. È geopolitica, strategia, tecnologia… e un pizzico di orgoglio nazionale. Certo, ci sarà chi storcerà il naso, evocando scenari da guerra fredda o ipotetici disastri ambientali in stile film catastrofico del sabato sera. Ma la realtà è un’altra: il mondo è cambiato, e se non vogliamo rimanere l’ultima carrozza del treno, ci serve un bel motore nucleare. Altro che interrail militare.

Non più “cannoniere”, ma cervelli galleggianti

Oggi la guerra — o meglio, la deterrenza — si gioca su altri tavoli: droni che spiano anche la barba del nemico, laser che abbattono missili a costo quasi zero, intelligenze artificiali che decidono in pochi secondi ciò che un comando un tempo valutava in ore. In questo contesto, avere una Marina fondata su fregate e pattugliatori a gasolio è come combattere con la spada in un’era di satelliti. Non serve ingrossare le fila, serve raffinarle. Non servono decine di navi, ma una nave madre, ipertecnologica, autonoma, in grado di stare in mare mesi — se non anni — senza dover bussare alla porta del benzinaio.

La Ferrari dei mari (con carrozzeria Pininfarina, ça va sans dire)

Immaginate una portaerei italiana dal design mozzafiato, elegante come il Vespucci, ma potente come un reattore da 300 megawatt. Pura bellezza futuristica, simbolo del genio industriale tricolore, pronta a salpare nei mari del mondo per missioni di pace, deterrenza e — perché no — di business. Perché, come spesso dimentichiamo, la difesa non è solo un costo, ma anche un investimento. La nostra cantieristica (Fincantieri docet), con Leonardo e compagnia bella, ha già dimostrato di poter vendere navi in tutto il mondo. Ora immaginiamo cosa potrebbe fare con un gioiello nucleare sotto il braccio. Commesse miliardarie, export tecnologico, posti di lavoro. Altro che bonus monopattino.

Ma non ci penserà la NATO?

Sì, come no. L’illusione che l’ombrello atlantico basti a coprirci da tutto è dura a morire. Ma non siamo più negli anni ’90: oggi ogni nazione deve contare su sé stessa, specialmente nel “Mediterraneo allargato”, che oggi arriva fino all’Oceano Indiano e magari domani anche in Polinesia. L’Italia, se vuole essere ascoltata nei consessi internazionali, deve mostrare di saper navigare — e non solo metaforicamente. Una portaerei nucleare non è un capriccio, è un segnale: noi ci siamo, e non solo per servire il caffè ai grandi della Terra.

Obiezioni? Molte, ma non tutte fondate

C’è chi dice che nel Mediterraneo non serva una portaerei nucleare. Ma questa visione da “vasca da bagno” ignora che oggi le minacce e gli interessi italiani si trovano ben oltre le colonne d’Ercole: pensiamo all’Africa, all’Indo-Pacifico, al Mar Rosso. E poi c’è il solito coro: “ma è pericolosa!”, “e se esplode?”. Certo, tutto può essere pericoloso se gestito male — anche un tostapane. Ma siamo seri: i nostri alleati da decenni ormeggiano silenziosamente nei nostri porti con le loro navi atomiche, mentre noi ci scandalizziamo ancora se si parla di reattori modulari. L’alternativa? Continuare a fare i valvassini nei teatri globali.

Una questione di dignità (oltre che di strategia)

Il mondo non aspetta. Se vogliamo evitare di restare la ruota di scorta dell’Occidente, dobbiamo dotarci di strumenti adeguati. E tra questi, una portaerei nucleare di bandiera è una scelta che unisce potenza, autonomia, deterrenza e tecnologia. Il tutto con quel tocco di design e ingegneria che solo l’Italia sa dare. Un Vespucci del XXI secolo, capace non solo di difendere, ma di rappresentare. Un ambasciatore del made in Italy in versione corazzata, un laboratorio tecnologico galleggiante, un investimento per l’intera filiera industriale.

In conclusione: meno nostalgia, più lungimiranza

Basta con la retorica del “piccolo è bello”, delle missioni umanitarie senza muscoli e dei porti “denuclearizzati” dove però attraccano sottomarini americani in incognito. L’Italia ha bisogno di visione, di coraggio, di investire nel futuro con la stessa passione con cui ha costruito supercar, satelliti e moda di lusso. Una portaerei nucleare non è solo una scelta militare: è una dichiarazione d’intenti. Un segnale che l’Italia sa ancora alzare la testa. E salpare.

Giuseppe Arnò

Credito foto: AI

Inscrever-se
Notificar de
guest

0 Comentários
Feedbacks embutidos
Ver todos os comentários
NOTIZIE CORRELATE

Vedi anche

Europa, svegliati o resta spettatrice: tra Trump, draghi cinesi e poker geopolitico Zelensky scopre che il suo futuro dipende da.

La rielezione di Trump porterà, e non potrebbe essere differente, a conseguenze sostanziali sia in politica interna sia in politica.

L’Italia dello sci alpino brilla in Coppa del Mondo con due splendidi terzi posti. Luca De Aliprandini conquista il podio.