Formula Grana: il brivido dell’ovvietà

Dove l’unico sorpasso è quello dei milioni tra sponsor e federazioni

Una volta lo sport era sangue, sudore e gloria. Oggi è un regolamento aggiornato ogni due settimane e una noiosa maratona di PowerPoint con ruote. La Formula 1, un tempo Olimpo dei campioni, è diventata un carosello di mediocrità organizzata, dove l’unica gara vera è quella a chi fattura di più.

Pensavamo di essere pronti a tutto, noi, generazione sopravvissuta a crisi economiche, pandemie e TikTok. E invece no: veder morire di vecchiaia una gara prima ancora che parta a Suzuka ci ha preso alla sprovvista. Auto già in fila come soldatini, divisi tra “quelli che contano” e “quelli che fanno numero”. Dopo 53 giri, giusto il tempo di imparare a memoria gli sponsor sulle livree, eccoci di nuovo al via… pardon, al traguardo. Nessun sorpasso, nessuna battaglia, niente che giustifichi le tre ore di diretta televisiva se non l’agonia di commentatori pagati per fingere entusiasmo.

A chi dobbiamo tutto questo? Ai geniali strateghi della FIA, ovviamente, impegnati in una missione titanica: distruggere ogni residuo di imprevedibilità a suon di regolamenti talmente arzigogolati che nemmeno una riunione di condominio saprebbe partorire. In compenso, però, i costruttori possono buttare milioni di euro in aggiornamenti vietati sei mesi dopo. Chapeau.

Ormai la F1 è un simulatore ferroviario: due treni, una corsa, stesso binario. L’abilità del macchinista? Inutile. Così come inutile è sperare che il talento naturale di un pilota possa ribaltare i pronostici. Fangio e Ascari, oggi, sarebbero retrocessi in Formula 3 per manifesta inutilità.

E pensare che qualcuno, da qualche parte, continua a illudersi che questa sia “l’era d’oro della tecnologia applicata allo sport”. Più che altro è l’era del cash flow applicato alla pazienza degli spettatori. Ogni sorpasso, una questione di strategia al box. Ogni gara, una camminata nel deserto della noia, punteggiata da giri veloci inutili e penalità assortite per “track limits” come se si stesse giocando a campana.

Ci resta ancora — finché dura — il Motomondiale, dove i piloti sono ancora eroi e non ingranaggi nel motore di una multinazionale. Dove ogni curva è un atto di fede e non un algoritmo calcolato al simulatore.

Ma tranquilli: finché la Formula Grana continuerà a far girare miliardi, a loro starà bene così. E noi, da buoni sudditi del marketing, continueremo a pagare per veder correre dei trenini elettrici di lusso, applaudendo anche, magari, quando qualcuno finge di emozionarsi per un “sorpasso in pit lane”.

Dopotutto, che importa? Tanto siamo già a buon punto sulla strada del rincitrullimento globale.

Giuseppe Arnò

1 Comment

  • Giancarlo Palmesi 07/04/2025

    Caro Giuseppe, io ormai la F1 non la vedo più da diversi anni. I regolamenti da anni sono utilizzati per influenzare i risultati delle corse, neanche conosco più gli attuali, ma per me le corse hanno perso l’attrattiva che avevano.

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