Sembra che viaggiare in zone di crisi sia diventato il nuovo sport estremo per alcuni italiani. Altro che bungee jumping o scalate himalayane: l’ebbrezza del pericolo ora si cerca nei territori dove le tensioni politiche sono più incandescenti di una pizza appena sfornata. L’ultima “impresa” è quella di Alberto Trentini, cooperante italiano che ha deciso di testare la proverbiale ospitalità venezuelana in un periodo in cui Caracas non brilla certo per diplomazia. Fermato senza imputazioni il 15 novembre, ora tocca al governo italiano districarsi tra salti mortali diplomatici e i soliti viaggi andirivieni Roma-Caracas.
Del resto, la serie di italiani in difficoltà all’estero sembra un copione già visto, degno di una telenovela dal titolo evocativo: “Gli italiani nelle prigioni del mondo”. Un cast stellare che include Giuliana Sgrena, Daniele Mastrogiacomo, Domenico Quirico, Greta Ramelli, Vanessa Marzullo e molte altre illustri comparse. Ogni stagione è impreziosita da trame intricate, riscatti milionari e operazioni dei servizi segreti che farebbero impallidire James Bond.
E mentre i familiari di Trentini si appellano alla presidente Giorgia Meloni, invocando lo stesso zelo dimostrato per Cecilia Sala, viene spontaneo chiedersi: ma non sarebbe ora di introdurre una norma che limiti i viaggi verso destinazioni più pericolose di una giungla piena di serpenti? Non per cattiveria, intendiamoci, ma perché il governo italiano, già impegnato tra guerre, crisi energetiche e i soliti problemi di casa nostra, non può trasformarsi nel salvatore ufficiale degli spericolati di turno.
La realtà è che ogni missione di salvataggio costa cara. Non solo in termini economici, ma anche di vite messe a rischio e di relazioni diplomatiche complicate. E il cittadino comune, quello che magari si limita a passare le ferie a Rimini, comincia a stufarsi di vedere le proprie tasse bruciate per tirare fuori dai guai chi ha deciso di fare il novello Indiana Jones senza pensarci due volte.
Forse è arrivato il momento di dire basta alle “vacanze avventurose” nei Paesi in fiamme. Un po’ di sano buonsenso e, perché no, una bella normativa che scoraggi questi viaggi dell’imprudenza non guasterebbe. Altrimenti, prepariamoci a seguire la prossima puntata di questa infinita soap opera, con il solito finale in cui il governo, tra critiche e applausi, si ritrova a raccogliere le castagne dal fuoco.
Nel frattempo, auguriamo a Trentini un rapido e sicuro ritorno a casa. Magari con qualche storia meno avventurosa da raccontare.
Giuseppe Arnò
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