Responsabilità a doppio taglio: quando governo e opposizione si neutralizzano a vicenda

 

 

La responsabilità di chi legifera

Da una parte, abbiamo un esecutivo che sembra percepire la legislazione come una maratona improvvisata. Si corre senza guardare dove si mette il piede, con provvedimenti che spesso nascono zoppi: incoerenti, mal scritti, o in palese contrasto con norme superiori. Questa superficialità non può sorprendersi quando incontra lo scoglio dei tribunali o della burocrazia, perché in uno Stato di diritto i provvedimenti devono rispettare le regole. Gridare al complotto, in questo caso, è un modo comodo per distogliere l’attenzione dai propri errori.

Il ruolo dell’opposizione

Dall’altra parte, però, l’opposizione non brilla per iniziativa. Critica, ostacola, ritarda, ma raramente propone un’alternativa concreta. Il mestiere di chi si oppone non dovrebbe limitarsi a mettere i bastoni fra le ruote, ma a formulare idee migliori. Invece, sembra che l’unico obiettivo sia quello di logorare il governo in carica per trarne vantaggio elettorale. Il risultato? Uno stallo totale, dove nessuno vince e il Paese intero perde.

La “guerriglia” normativa: tutti colpevoli

La narrazione del “deep state” è perfetta per entrambi gli schieramenti: il governo la usa per giustificare il fallimento delle sue politiche, mentre l’opposizione la sfrutta per delegittimare chi è al potere. E nel frattempo, tutti ricorrono agli stessi metodi: emendamenti punitivi, denunce strumentali, norme ad personam. Si combatte una guerra di carte bollate che non ha nulla a che fare con il bene comune, ma tutto con il mantenimento del potere.

Verso una responsabilità condivisa

Il punto, dunque, non è scegliere chi ha più torti, ma riconoscere che il sistema funziona male perché nessuno si assume davvero la responsabilità di farlo funzionare bene. Chi legifera dovrebbe investire nella qualità dei provvedimenti e nella capacità di dialogo, mentre l’opposizione dovrebbe abbandonare la logica del muro contro muro per proporre alternative serie e realizzabili. In altre parole, serve un salto di qualità collettivo, che vada oltre la narrativa del conflitto perenne.

Conclusione: il vero “deep state” siamo noi

Alla fine, il “deep state” non è una cabala di burocrati, magistrati o dirigenti apicali. È il prodotto della nostra incapacità collettiva di collaborare per risolvere i problemi. Un governo che scrive male le leggi e un’opposizione che non fa altro che ostacolare sono le due facce della stessa medaglia: un sistema politico che ha smesso di guardare al bene comune per concentrarsi solo su se stesso.

Redazione

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