La XVII edizione del Forum Euroasiatico di Verona, traslocato negli Emirati Arabi Uniti, si appresta a riunire un mosaico di personaggi e interessi controversi, trasformando Ras Al Khaimah in un epicentro di alleanze strategiche e di riflessioni su un mondo sempre più multipolare. Ma dietro i lustrini delle dichiarazioni ufficiali e delle strette di mano diplomatiche, emergono interrogativi pungenti: è davvero questa la “nuova architettura di cooperazione per l’economia contemporanea”? O siamo di fronte a una narrazione ben confezionata per bypassare le sanzioni e riscrivere i codici delle relazioni internazionali?
Un Parterre di Ospiti dal Sapore Controverso
Tra keynote speaker e panelisti, sfilano nomi noti del panorama internazionale, da Igor Sechin, CEO di Rosneft e uomo fidato di Putin, ad Andrey Kostin, capo di VTB Bank, entrambi soggetti a sanzioni occidentali. Accanto a loro, personalità italiane di rilievo come Romano Prodi e figure che spaziano dalla geopolitica all’economia, tra cui Vito Petrocelli e il professor Andrea Beltratti della Bocconi. L’agenda appare, almeno sulla carta, ambiziosa: riflettere su innovazione, regionalizzazione e il ruolo dell’Eurasia come nuovo epicentro economico. Ma è difficile ignorare il fatto che molti degli intervenuti rappresentano interessi russi in cerca di legittimazione internazionale.
Un Forum Itinerante per Evitare le Sanzioni?
Dopo le edizioni di Baku e Samarcanda, il Forum si sposta negli Emirati, ormai un rifugio per oligarchi e capitali russi post-sanzioni. Non è un caso: Ras Al Khaimah offre un palco lontano dalle restrizioni occidentali, garantendo la partecipazione di figure come Leonid Mikhelson di Novatek. Questa scelta logistica sottolinea un aspetto meno nobile: l’abilità di aggirare vincoli etici e legali in nome della “cooperazione”. Un cambio di rotta rispetto ai fasti delle prime edizioni veronesi o una strategia consapevole per mantenere il Forum rilevante?
L’Italia tra Made in Italy e Ambiguità Geopolitiche
Non mancano iniziative culturali e promozionali che strizzano l’occhio al soft power italiano, come il concerto di Vittorio Grigolo e la mostra sull’artigianato Made in Italy. Ma il rischio di una “convivialità scomoda” è palpabile. Da una parte, si celebrano i rapporti economici con gli Emirati, primo partner commerciale dell’Italia nella regione MENA; dall’altra, si chiude un occhio sui legami con una Russia sempre più isolata.
Plurilateralismo o Opportunismo?
Il motto “L’arte dell’innovazione” suona ironico in un contesto dove le innovazioni sembrano orientate più a eludere sanzioni che a promuovere progresso autentico. Il Forum si definisce uno spazio per una “pluralità di visioni”, ma tale pluralismo rischia di trasformarsi in un endorsement implicito per regimi autoritari che si oppongono a un ordine mondiale basato su regole condivise.
Conclusione: L’Arte di Diplomatiche Ambiguità
Il Forum di Ras Al Khaimah non è solo un evento economico; è uno specchio dei tempi, dove gli interessi nazionali, le ambizioni personali e le contraddizioni della geopolitica si intrecciano. L’arte dell’innovazione, in questo caso, sembra risiedere nella capacità di camminare su un filo sottile: quello tra il dialogo e l’accomodamento, tra la cooperazione e il compromesso morale. Una riflessione necessaria, per l’Italia e per il mondo, su cosa significhi davvero innovare in un’epoca di crescente disordine globale.
di Redazione