Europa: Tra Vecchi Sogni e Nuove Guerre

 

Il Grande Risiko del XXI Secolo

Si vis pacem, para bellum. Il motto latino risuona oggi con un’ironia amara tra i corridoi del potere europeo, dove il vecchio continente sembra muoversi con la stessa agilità di un bradipo in coma. Gli americani hanno mollato la presa, un nemico bussa alla porta e noi? Divisi, indecisi e sempre più inclini a discutere regolamenti sui formaggi DOP piuttosto che difenderci.

Il ponte transatlantico: costruito per durare, crollato per obsolescenza

Per decenni ci siamo cullati nell’illusione che gli Stati Uniti fossero il nostro fratello maggiore, pronto a salvarci dai guai. Oggi, quel ponte è diventato un rudere pericolante, perché a Washington la priorità non è più fare da babysitter all’Europa piagnucolosa. E chi ci crede ancora è come quel tizio che continua a mandare messaggi alla ex sperando in una risposta. Newsflash: non arriva.

Nel frattempo, gli unici con un minimo di reazione sono Inghilterra e Francia. Starmer, laburista britannico, ha deciso di dare il colpo di grazia alla Brexit, tornando a flirtare con l’Europa senza dirlo troppo forte. Macron, dal canto suo, si è accorto che senza gli americani la Francia ha l’unico arsenale nucleare del continente. E quindi? Voilà, il suo nuovo mantra è il “sovranismo europeo” (ovviamente a guida francese, ça va sans dire). In Germania, invece, si armeggia un riarmo maldestro tra tagli di bilancio e traumi storici.

La Turchia e la sua candidatura in svendita

Erdogan, da gran stratega, ha capito che l’Europa è più vulnerabile che mai e ha colto l’occasione per rilanciare l’eterna telenovela dell’adesione turca all’UE. “Avete bisogno di sicurezza? Ecco il secondo esercito della NATO su un piatto d’argento!”. Un’offerta che sembra più un ricatto che un gesto di amicizia. Ma siamo onesti: l’Europa vuole davvero la Turchia nel club? Tra guerre in Libia, ambizioni ottomane e diritti umani interpretati con molta creatività, la risposta sembra essere un diplomatico “ci penseremo”.

La Polonia: dai cavalli alati ai missili nucleari

Varsavia, invece, non sta a guardare. Donald Tusk, con una serietà che fa impallidire chiunque pensi che l’Europa sia ancora un’oasi di pace, ha annunciato piani di riarmo degni della Guerra Fredda 2.0. Si parla di esercito da 500mila uomini, armi nucleari sotto l’ombrello francese e addestramento militare obbligatorio. La Polonia ha imparato la lezione ucraina e non vuole finire nella stessa situazione. Non si tratta di una “corsa alla guerra”, dicono, ma di una “corsa alla sicurezza”. Certo, certo…

Europa, sveglia!

Il problema dell’Europa non è solo militare, ma politico. Senza un governo centrale capace di decidere in tempi rapidi, continueremo a essere un’assemblea condominiale in cui tutti urlano e nessuno paga le spese. Così come siamo, siamo destinati a diventare vassalli di chiunque abbia più potere. E in un mondo in cui gli Stati Uniti guardano altrove, la Russia gioca a Risiko con i nostri confini e la Cina osserva silenziosa, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è l’ennesima riunione sulle emissioni delle mucche.

Se vogliamo essere protagonisti e non pedine, è ora di agire. E smettere di credere che il nostro unico problema sia il prezzo dell’espresso al bar.

Giuseppe Arnò

1 Comment

  • Valentino Ussia 16/03/2025

    E’ questo un articolo colmo di buon senso, troppo buon senso per trovare posto nella capoccia dei “Soloni” di Bruxelles, capocce troppo affollate di questioni di lana caprina come le emissioni delle mucche o la curvatura delle banane; mutatis mutandis, la storia si ripete: era il 29 maggio del 1453 e, mentre i Turchi Ottomani stavano espugnando Costantinopoli, il Senato era impegnato a discettare sul sesso degli angeli…

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