C’era una volta l’Europa, si dirà, se non si deciderà finalmente di costruire un vero progetto di indipendenza politica, militare ed economica. Le parole dell’ex premier francese Dominique de Villepin risuonano come un monito: il nostro continente rischia di diventare un vassallo degli Stati Uniti, se già non lo è da tempo. Ma la verità è che questa condizione di subalternità non è affatto nuova. Fin dalla fine della Seconda guerra mondiale, l’Europa ha trovato conforto sotto l’ala protettiva di Washington, rinunciando alla propria autonomia strategica.
La questione di un esercito europeo è ormai un’eterna incompiuta, ostacolata da gelosie nazionali e da una miopia politica che impedisce di cogliere la lezione della storia: senza forza militare e coesione, non si può avere voce in capitolo. Così, quando si arriva ai grandi tavoli delle trattative internazionali, ci si stupisce dell’assenza dell’Unione Europea. Ma a che titolo l’Europa dovrebbe essere protagonista, se non ha mai voluto costruire gli strumenti per esserlo?
L’esclusione dai negoziati di pace sull’Ucraina è solo l’ultima dimostrazione della marginalizzazione del Vecchio Continente. Un’Europa divisa, priva di un’identità comune e senza una strategia di sovranità industriale, tecnologica e culturale, non può aspirare a essere un attore globale. Nel frattempo, la realpolitik americana e le strategie di potenze emergenti come la Cina e l’India riscrivono gli equilibri mondiali, relegando l’Europa a spettatrice di una partita che si gioca altrove.
La sicurezza, la difesa, la politica estera non possono più essere deleghe da affidare agli altri. I cittadini europei sembrano averlo capito, come dimostrano i sondaggi che rivelano un crescente interesse per investimenti in sicurezza e difesa comune. Eppure, la politica continua a muoversi con incertezza, incapace di tracciare una rotta chiara.
Serve un cambio di paradigma, una nuova visione in grado di restituire all’Europa il ruolo che le spetta. Per farlo, occorre abbandonare il fatalismo e agire con determinazione. Forse, è tempo di parafrasare Trump e adottare un nuovo motto: “Make Europe Great Again”. La domanda è: avremo il coraggio di farlo?
Redazione