Decreto Flussi: quando i sì volano come rondini, ma non sempre portano primavera

Con 99 voti favorevoli, il Senato ha detto sì al decreto Flussi, e a Palazzo Madama si respira un’aria da “missione compiuta”. Certo, se per “missione” intendiamo una misura che cambia tutto per non cambiare nulla, allora sì, il risultato è perfetto. Ora che il Parlamento ha dato il via libera, tocca agli italiani, ai migranti e alla Corte di Giustizia UE capire cosa significherà davvero questo ennesimo capitolo della saga sulla gestione dei flussi migratori.

Dalle Corti d’Appello ai Paesi sicuri: il bricolage legislativo
Tra le novità, il decreto prevede il rafforzamento delle Corti d’Appello per velocizzare le decisioni sulle richieste di protezione internazionale. Una mossa ambiziosa, se non fosse che l’efficienza della giustizia italiana è già nota per tempi degni di un romanzo ottocentesco. Come dire: “Acceleriamo, ma senza fretta”. Poi ci sono i “Paesi sicuri”: una lista che, in teoria, identifica nazioni dove i diritti sono garantiti al punto da rendere superflue le richieste d’asilo. Tuttavia, alcune di queste “oasi di pace” compaiono regolarmente nei rapporti delle Nazioni Unite per violazioni dei diritti umani. Ma che importa? Basta che il cartello “sicuro” sia ben visibile.

L’ombra della Corte europea
E qui viene il bello: il decreto è già sotto esame della Corte UE . Si tratta di verificare se le garanzie per i richiedenti asilo siano effettivamente rispettate. Ma si sa, la politica italiana spesso preferisce soluzioni “pronte per oggi”, lasciando che i problemi legali si accumulino sul conto di domani.

E adesso?
In attesa della sentenza della Corte, il decreto Flussi resta in bilico. Qualsiasi passo successivo rischia di essere invalidato da Strasburgo, rendendo inefficaci le misure già approvate. Insomma, un provvedimento che, al momento, sembra più un esercizio di stile che una strategia concreta.

Cosa cambia davvero?
In pratica, poco o nulla. Il decreto Flussi cerca di bilanciare la domanda di rigore con quella di apertura, evitando di chiudere del tutto la porta ai nuovi ingressi per non scontentare i settori economici in crisi di manodopera. Ma l’equilibrio è fragile, e l’azione sembra più rivolta a soddisfare le urgenze politiche che a offrire risposte di lungo periodo.

La morale della favola
Il decreto Flussi rappresenta l’ennesimo tentativo di affrontare un fenomeno complesso come quello migratorio con un approccio a metà tra il populismo e il pragmatismo forzato. È un’altra occasione mancata per dimostrare visione e leadership su una questione globale che continua a bussare alle porte del paese. La domanda resta: chi avrà il coraggio di rispondere, e soprattutto, cosa risponderà?

Giuseppe Arnò

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