Dalla moka al wok: Bialetti diventa cinese, il caffè ora si fa con i bastoncini

Addio espresso all’italiana, benvenuto “caffè alla cantonese”.

Ci svegliavamo col gorgoglio della moka. Ora ci sveglieremo col gong.

È ufficiale: un altro monumento del made in Italy si è arreso, con la stessa dignità con cui ci si arrende alla dieta dopo aver visto una teglia di lasagne. Bialetti – quella dell’omino coi baffi, dei risvegli domenicali, del profumo che invade casa mentre fuori piove – è diventata Made in Hong Kong.

A rilevarla è il fondo lussemburghese Nuo Octagon, ovvero una scatola cinese travestita da cassaforte europea. Loro la chiamano “internazionalizzazione del brand”. Noi la chiamiamo “il colpo di grazia al nonno che stringeva la moka con una mano e la patria con l’altra”.

Sì, ma perché?

Perché il capitalismo non ha cuore. E nemmeno un palato. Bialetti, schiacciata tra debiti, concorrenza elettronica e scelte strategiche degne di un ubriaco al volante, si è trovata sull’orlo del baratro. A salvarla non è arrivata una mano italiana. Ma una cinese. Che però giura: “Amiamo lo stile di vita italiano”. Traduzione: probabilmente useranno l’omino coi baffi per una linea di tè al gelsomino.

Un’offerta che non potevano rifiutare

53 milioni subito, più un’Opa da 0,45 euro ad azione. Un prezzo talmente basso che i risparmiatori del 2007 – quelli entrati a 2,5 euro – hanno organizzato un pellegrinaggio a Lourdes. Se la matematica non è un’opinione, la Borsa lo è eccome. Bialetti ha perso il 92% del suo valore. Ma in fondo, cos’è il valore quando hai l’onore di essere “strategicamente riposizionato” in Oriente?

Dal Carosello al cartello

Una volta l’omino Bialetti ammiccava dalla TV, disegnato dalla matita di Paul Campani, con la sua aria da Alberto Sordi in formato mignon. Oggi potrebbe tornare con un makeover stile manga: baffi più sottili, sguardo tagliente, magari un dragone sul grembiule.

Ma non disperiamo…

Forse sarà un nuovo inizio. Magari i nuovi proprietari ci stupiranno, e anziché produrre moka al ribasso, rilanceranno il culto del caffè italiano in Asia. Con le nostre ricette, la nostra estetica, la nostra identità.

O forse trasformeranno tutto in capsule compatibili da vendere nei duty free.

In ogni caso, il profumo del caffè al mattino sarà lo stesso. Solo che ora, accanto alla moka, ci sarà un QR code.

Post scriptum per gli inguaribili nostalgici:

Tenete strette le vostre vecchie moka. Tra qualche anno, potrebbero valere più di un bitcoin. O almeno, più di un’azione Bialetti del 2007.

Giuseppe Arnò

Immagine: pubblico dominio / CC0 

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