CPI: Garanzia di Giustizia o Simbolo di Impotenza?
La Corte Penale Internazionale (CPI), nata sotto il solenne auspicio di combattere l’impunità, sembra oggi essere più vicina all’immagine di un carrozzone burocratico, politicizzato e inefficace. L’ultimo episodio, la liberazione di Mahmoud Elmasry da parte dell’Italia, offre un perfetto esempio del groviglio di contraddizioni che caratterizzano quest’istituzione.
Elmasry, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità dalla CPI, è stato arrestato a Torino, salvo poi essere rilasciato e spedito in Libia su un aereo dei servizi segreti italiani. Una scena che sembra uscita da un romanzo kafkiano, ma che è invece il risultato del cortocircuito tra norme internazionali, decisioni politiche e cavilli burocratici.
La CPI: Una “Giustizia” a Fasi Alterne
I suoi sostenitori la celebrano come baluardo contro l’impunità globale. Ma come può funzionare un’istituzione che dipende dalla collaborazione degli stessi Stati che dovrebbe tenere sotto controllo? Dei 31 imputati a piede libero, con nomi altisonanti come Vladimir Putin o Benjamin Netanyahu, nessuno perde il sonno pensando a un mandato d’arresto internazionale. I processi? Non si possono tenere in contumacia. Gli arresti? Solo se i governi coinvolti collaborano. Insomma, la CPI sembra più un’aspirazione morale che una realtà giuridica.
Il Caso Elmasry: La Ragion di Stato Vince
Tornando a Elmasry, è evidente che l’Italia abbia deciso di liberarlo più per convenienza politica che per rispetto delle procedure. Il governo italiano giustifica la decisione con motivazioni di sicurezza nazionale, ma il suo rilascio appare come un chiaro segnale al governo di Tripoli e alle milizie libiche. E questo non sorprende: dal 2017, tutti i governi italiani, di qualunque colore politico, hanno mantenuto intatti gli accordi con la Libia per bloccare i flussi migratori, anche al costo di ignorare le violazioni sistematiche dei diritti umani.
Le scuse formali, come il mancato avviso al Ministero della Giustizia, suonano fragili. Non serve essere giuristi per capire che dietro alla decisione si nasconde una scelta politica ben precisa. Inutile girarci intorno: l’Italia ha ignorato un mandato d’arresto della CPI per difendere i propri interessi strategici.
CPI: Riforma o Declino?
Se la CPI vuole sopravvivere, ha bisogno di molto più di proclami idealistici. Non è accettabile che un’istituzione del genere sia considerata un’opzione a discrezione degli Stati membri. L’idea che “o tutti cooperano o nessuno lo fa” non è più sostenibile.
La CPI è stata creata per impedire che crimini efferati restino impuniti, eppure oggi sembra incapace di affermarsi anche solo come strumento di pressione morale. Serve un meccanismo di enforcement reale, altrimenti resteremo intrappolati in un circolo vizioso in cui diritto e politica si scontrano, e il secondo vince sempre.
Conclusione: Un’Era di Impunità
L’episodio di Elmasry non è solo un’eccezione, ma un sintomo di un problema più grande. La CPI, nata sotto il sole di Roma con tante speranze, rischia di tramontare nell’indifferenza generale. E così, mentre i potenti continuano a dormire sonni tranquilli, le vittime di crimini contro l’umanità restano in attesa di una giustizia che, per ora, appare come un miraggio.
Redazione
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