Tanto va il missile al lardo… che ci lascia la pelle
Nel vasto teatro tragicomico del Medio Oriente, tre protagonisti si stanno giocando un Oscar al peggior attore non protagonista: la Cina, che si diverte a distribuire componenti per missili come fossero gadget alle fiere; l’Iran, che trasforma ogni porto in un deposito di petardi pronti a saltare in aria; e gli Houthi, che ormai prendono le navi americane come bersagli mobili nel loro personale torneo di freccette a colpi di droni e razzi. Solo che qui, a differenza delle freccette, chi sbaglia non paga pegno: fanno pagare agli altri.
Ma ogni pazienza ha un limite, e quella dell’Occidente — leggasi Stati Uniti e Israele, con Trump pronto a rientrare in scena come un cowboy che ha finito di lucidare la Colt — sta per esaurirsi. E allora sarà interessante vedere quanto durerà il gioco quando le regole cambieranno.
La Cina si diverte, l’Iran esplode, gli Houthi ringhiano
Pechino, dal canto suo, finge di essere un moderatore globale ma intanto spedisce allegramente perclorato di sodio e ammonio (ingredienti base per carburante missilistico) come se stesse inviando tè verde e biscotti di riso. Due navi, Golbon e MV Jairan, sarebbero arrivate a Teheran con sufficiente materiale da far tremare tutto il Golfo Persico: 250 missili belli carichi di amicizia e diplomazia orientale.
Intanto, a Bandar Abbas, il porto iraniano salta per aria in un’esplosione “casuale” durante il terzo round di colloqui con gli USA. Che coincidenza, vero? Khamenei si affretta a promettere “indagini accurate”, ma si sa: quando la polvere è cinese e il fuoco è persiano, il risultato è sempre lo stesso – fumo negli occhi al popolo e nervi tesi a Washington.
Droni cinesi e satelliti spioni: il kit del piccolo ribelle Houthi
Nel frattempo, gli Houthi – una milizia che si crede potenza navale – non sparano più solo con vecchi Kalashnikov, ma con droni letali e silenziosi dotati di celle a combustibile cinesi. Più leggeri, più potenti, più difficili da individuare: praticamente un sogno per ogni gruppo paramilitare in cerca di notorietà. E se servono coordinate precise? Nessun problema! Le fornisce Chang Guang, compagnia satellitare cinese “casualmente” legata all’esercito del Dragone.
Washington ha chiesto chiarimenti. Pechino ha risposto con la consueta espressione impassibile: nulla da dichiarare, solo “cooperazione pacifica”. Certo, pacifica come una portaerei in avvicinamento.
La musica sta per finire
A questo punto, è lecito chiedersi quanto ancora potrà reggere questo circo. Per quanto tempo ancora il commercio globale dovrà piegarsi ai capricci di milizie sponsorizzate e regimi protetti da giganti impassibili?
Perché, come si dice dalle nostre parti, tanto va il missile al lardo che prima o poi ci lascia la scocca. E quando accadrà, non saranno certo i registi a pagarne il conto, ma gli attori più fragili: gli Houthi, l’Iran e magari, chissà, anche qualche azienda “troppo coinvolta per far finta di niente”.
Il messaggio è chiaro: la libera navigazione non è facoltativa. O si rimettono i remi in barca, o si prepara il conto. E stavolta, a fare la festa, non saranno i ribelli.
di Redazione