Rivista La Gazzetta https://lagazzetta-online.com Portale di Notizie Fri, 04 Oct 2024 16:09:45 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 https://lagazzetta-online.com/wp-content/uploads/2021/10/logo-1-150x90.png Rivista La Gazzetta https://lagazzetta-online.com 32 32 AMACI – La Giornata del Contemporaneo https://lagazzetta-online.com/amaci-la-giornata-del-contemporaneo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=amaci-la-giornata-del-contemporaneo https://lagazzetta-online.com/amaci-la-giornata-del-contemporaneo/#respond Fri, 04 Oct 2024 16:09:45 +0000 https://lagazzetta-online.com/?p=14851 L’AMBASCIATA ITALIANA APRE LE PORTE PER LA GIORNATA DEL CONTEMPORANEO La visita guidata si terrà l’11 ottobre alle ore 15:00   La Giornata del Contemporaneo è il grande evento che AMACI (Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani) dedica dal 2005 all’arte contemporanea e al suo pubblico. Nella seconda settimana di ottobre, i musei che collaborano […]

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L’AMBASCIATA ITALIANA APRE LE PORTE PER LA GIORNATA DEL CONTEMPORANEO

La visita guidata si terrà l’11 ottobre alle ore 15:00

 

La Giornata del Contemporaneo è il grande evento che AMACI (Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani) dedica dal 2005 all’arte contemporanea e al suo pubblico. Nella seconda settimana di ottobre, i musei che collaborano con AMACI aprono gratuitamente le loro porte per un’iniziativa ricca di eventi, mostre, conferenze e laboratori. Un programma eclettico che offre un’occasione imperdibile per sperimentare da vicino la vivacità e la ricchezza dell’arte di oggi.

 

Anche l’Ambasciata d’Italia aderisce all’iniziativa e l’11 ottobre alle ore 15.00 aprirà le porte ai visitatori interessati a scoprire le peculiarità architettoniche e artistiche dell’edificio progettato da Pier Luigi Nervi, l’illustre ingegnere italiano che collaborò con architetti di fama internazionale come Le Corbusier e Louis Kahn.

 

L’Ambasciata accoglierà i visitatori e li accompagnerà alla scoperta di alcune opere di importanti autori italiani della sua collezione d’arte contemporanea, come Franco Angeli, Giulio Turcato e Carla Accardi, oltre a quattro rare tavole del pittore italo-brasiliano Candido Portinari.

 

In questa occasione, il pubblico potrà anche ammirare la mostra “Vissi d’arte. L’Italia nei teatri dell’America Latina”, allestita nell’ambito delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’immigrazione italiana in Brasile. L’arte e l’architettura italiane sono al centro di questa affascinante esposizione, che propone un viaggio nel tempo, attraversando circa 150 anni, dall’Ottocento alla prima metà del Novecento, e nello spazio, passando per oltre 70 edifici teatrali situati in più di 50 città latinoamericane.

 

INFORMAZIONI SULLA VISITA

  • Le visite sono gratuite, previa prenotazione;
  • Le visite si svolgeranno l’11 ottobre dalle 15.00 alle 16.15 in lingua portoghese. Si prega di arrivare con 15 minuti di anticipo;
  • La visita è garantita per un gruppo di almeno 10 fino a un massimo di 35 visitatori. Il gruppo sarà formato in base all’ordine di prenotazione;
  • I minori possono entrare solo con un adulto responsabile che li accompagni;
  • Le prenotazioni possono essere effettuate al seguente link: https://docs.google.com/forms/d/1f88CCFBPwANl9U9q6yNuM-s2z-PZ2W3NrWauCtVyKZ0/viewform?edit_requested=true
  • Abbigliamento adeguato, no a pantaloncini o infradito.

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A EMBAIXADA DA ITÁLIA ABRE AS PORTAS EM OCASIÃO DO DIA DO CONTEMPORÂNEO

A visita guiada acontecerá no dia 11 de outubro às 15h00

 

O Dia do Contemporâneo è o grande evento que desde 2005, a AMACI (Associação dos Museus de Arte Contemporânea Italianos) dedica à arte contemporânea e ao seu público. Na segunda semana de outubro, os museus que tem parcerias com a AMACI abrem gratuitamente suas portas para uma iniciativa rica de eventos, mostras, conferencias e laboratórios. Um programa ecléctico que regala a imperdível ocasião de viver de perto a vivacidade e a riqueza da arte de hoje.

A Embaixada da Itália também adere à iniciativa e no dia 11 de outubro às 15h00, abrirá suas portas aos visitantes interessados em descobrir as peculiaridades arquitetônicas e artísticas do edifício projetado por Pier Luigi Nervi, o ilustre engenheiro italiano que colaborou com arquitetos de fama internacional, como Le Corbusier e Louis Kahn.

A Embaixada receberá os visitantes e os acompanhará à descoberta de algumas obras de importantes autores italianos de seu acervo de arte contemporânea como Franco Angeli, Giulio Turcato e Carla Accardi, assim como os quatro raros painéis do pintor ítalo-brasileiro Candido Portinari.

Na ocasião, o público também poderá admirar a exposição “Vissi d’arte. A Itália nos teatros da América Latina”, montada no contexto das celebrações do aniversário dos 150 anos da imigração italiana no Brasil. As artes e a arquitetura italianas são o coração desta fascinante exposição, que propõe uma viagem no tempo, atravessando cerca de 150 anos, desde o século XIX à primeira metade do século XX, e no espaço, passando por mais de 70 edifícios de teatros localizados em mais de 50 cidades da América Latina.

 

INFORMAÇÕES SOBRE A VISITA

  • As visitas são gratuitas, com reserva antecipada;
  • As visitas realizar-se-ão no dia 11 de outubro, de 15h00 a 16h15 em português. Pedimos aos interessados para chegar com 15 minutos de antecedência;
  • A visita é assegurada para o grupo de no mínimo 10 até o máximo de 35 visitantes. O grupo será formado com base na ordem de reserva;
  • Menores de idade poderão entrar somente com um adulto responsável que os acompanhará;
  • As reservas podem ser realizadas no seguinte link: https://docs.google.com/forms/d/1f88CCFBPwANl9U9q6yNuM-s2z-PZ2W3NrWauCtVyKZ0/viewform?edit_requested=true
  • Roupas apropriadas, não bermuda, nem chinelo.

 

 

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Fare cultura parlando di vini https://lagazzetta-online.com/fare-cultura-parlando-di-vini/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=fare-cultura-parlando-di-vini https://lagazzetta-online.com/fare-cultura-parlando-di-vini/#respond Thu, 03 Oct 2024 16:40:38 +0000 https://lagazzetta-online.com/?p=14846 Terrae Laboriae ovvero come ancorarsi alla tradizione attraverso l’innovazione     Una giovane realtà del Sannio che ha già stregato chiunque ne ha fatto la conoscenza. Nella provincia di Benevento il Sannio rappresenta uno dei territori campani più vocati alla viticoltura, che qui si rende protagonista disegnando con i vigneti il profilo paesaggistico. Il vino […]

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Terrae Laboriae ovvero come ancorarsi alla tradizione attraverso l’innovazione

 

 

Una giovane realtà del Sannio che ha già stregato chiunque ne ha fatto la conoscenza.

Nella provincia di Benevento il Sannio rappresenta uno dei territori campani più vocati alla viticoltura, che qui si rende protagonista disegnando con i vigneti il profilo paesaggistico. Il vino ed il suo mondo qui sono di casa sin dai tempi degli antichi romani, a cui i sanniti fornivano alcuni tra i vini più pregiati per l’epoca tra cui il Falerno.

Forse la referenza più famosa anche grazie alla presenza di riferimenti riconducibili ad esso in un sito archeologico tra i più importanti al mondo come Pompei, distante da Benevento solamente un centinaio di chilometri.

Malgrado nel Sannio la tradizione sia sedimentata da millenni c’è chi però sta tentando la via dell’innovazione, ma sempre nel solco della valorizzazione del territorio e dei suoi vitigni autoctoni. Sono infatti questi i punti cardine su cui i due artefici di Terrae Laboriae hanno costruito la loro giovane realtà.

Tra le esperienze di Antonio Sauchella, sommelier viaggiatore ad appassionato della diversità culturale nel mondo c’è l’incontro con la viticoltura Georgiana e il suo tratto distintivo, la vinificazione in anfora di terracotta chiamata qvevri che con i suoi 8000 anni alle spalle, oggi rappresenta la testimonianza più antica di viticoltura. L’Azienda nasce dalla condivisione di queste esperienze con Angelo Iannotti, anch’egli sommelier di una famiglia in cui il vino e la vigna sono di casa da generazioni.

Una delle caratteristiche principali del qvevri a differenza della botte, è quella di consentire la micro ossigenazione senza cessioni di qualsiasi tipo, permettendo così alle uve di mantenere al massimo le proprie caratteristiche di autenticità, che è uno dei punti fermi della viticoltura di Terrae Laboriae.

Il resto lo fanno l’assenza di impiego di sostanze chimiche e di operazioni meccanizzate, l’estrema selezione dei grappoli e la raccolta manuale. In cantina fermentazioni naturali e lieviti indigeni, nessuna chiarifica e filtraggio, e bassissime quantità di solfiti utilizzate.

Le varietà utilizzate sono naturalmente autoctone, come Falanghina  e Camaiola (Barbera del Sannio), vitigno a bacca rossa esclusivo della provincia di Benevento e la Malvasia di Candia.

I vini con grande sorpresa, ma evidentemente non per i loro artefici, hanno ricevuto grandissimo consenso di pubblico in ogni manifestazione in cui sono stati presentati. Le piacevoli note ossidative, l’intensità gustativa il loro profilo organolettico tipico della vinificazione in qvevri hanno conquistato giurie importanti come quelle della Milano Wine Week, la manifestazione Slow Wine di Bologna o “Amphora Revolution” organizzato a Verona da Vinitaly e Merano Wine Festival.

Un progetto pieno di entusiasmo Terrae Laboriae, che trapela anche dalle battute scambiate piacevolmente con Antonio ed Angelo:

Domanda scontata nel vostro caso ma imprescindibile per capire la vostra produzione: Da dove nasce la scelta di utilizzare il qvevri georgiano per le vostre vinificazioni?

Al contrario di quanti possano immaginare, la Georgia è la culla della viticultura mondiale, dove si produce vino da circa 8.000 anni.

Le tecniche di vinificazione in questa Regione di basano tutt’oggi sull’utilizzo dei qvevri, ossia recipienti in terracotta che permettono la micro ossigenazione del vino, senza avere contaminazioni esterne e senza utilizzare tecnologia industriale.

Riflettendoci bene, il qvevri va quindi nella direzione della sostenibilità e dell’autenticità del prodotto, temi attuali ed allo stesso tempo importanti per la nostra filosofia di produzione, ecco il perché della nostra scelta.

Il qvevri è un mezzo per portare avanti la vostra filosofia di vino oppure è esso stesso la vostra filosofia?

Le due cose sono collegate. Il qvevri è uno strumento indispensabile per portare avanti la nostra filosofia di produzione ma allo stesso tempo implica un’agricoltura sostenibile, senza utilizzo di chimica, minimo utilizzo di solfiti agendo sempre nel rispetto della natura e della biodiversità delle nostre vigne.

Non avrebbe senso, infatti, applicare una vinificazione naturale in qvevri se non si rispettano a monte il terreno ed i vigneti.

Dal successo di pubblico che i vostri vini ricevono in ogni manifestazione questa oggi è chiaramente una scommessa vinta, ma come sono stati accolti all’inizio in un territorio come il vostro così fortemente legato alle tradizioni?

Grazie, siamo veramente orgogliosi dei risultati raggiunti. Il progetto “Terrae Laboriae” nasce proprio con l’idea di proporre qualcosa di diverso per il nostro territorio, il Sannio, molto legato alle tradizioni ed alla vinificazione “convenzionale”.

Ricevere premi internazionali ed essere recensiti nelle principali guide di settore alla prima vendemmia, tra cui in Giappone, ci indica che siamo sicuramente sulla strada giusta.

Evidentemente anche il nostro territorio aveva bisogno di qualcosa di nuovo, di non convenzionale, per essere maggiormente valorizzato.

 

Oltre alla mancata cessione di tannini e alla micro-ossigenazione, uno degli aspetti interessanti della vinificazione in qvevri è rappresentato dal loro essere interrate mantenendo una temperatura costante. In realtà c’è anche chi sostiene che in origine era solo un modo che consentiva di camuffare il pavimento ricoprendolo di paglia per evitare le razzie. Voi come avete sistemato i vostri qvevri e cosa ha motivato la vostra scelta, pensate ci sia una differenza nelle caratteristiche dei vini tra qvevri interrati o no?

Sicuramente. L’elemento chiave è il controllo della temperatura soprattutto nella prima delicatissima fase di fermentazione.

I nostri qvevri sono a vista ma posizionati cinque metri sotto il terreno, assorbendo quindi i principali sbalzi termici tra le varie fasi della vinificazione.

Questo sorprende anche gli operatori del settore perché vinificare senza avere tecniche di controllo è complicato oltre che allo stesso tempo rischioso per la salvaguardia del vino stesso, che può alterarsi facilmente.

Il profilo organolettico tipico di questa vinificazione con i suoi toni lievemente ossidativi, i colori ambrati e la grande complessità sono elementi distintivi per questi vini. Credi che il gusto del pubblico li accoglierà sempre di più oppure sono destinati ad una nutrita nicchia di intenditori e appassionati?

Oltre ad essere un sommelier appassionato di vino, sono un ingegnere appassionato di business. C’è un mercato per tutto, basta solamente scovarlo.

I vini orange sono vini molto particolari, sicuramente di nicchia e non adatti al palato di tutti. C’è però da dire che negli ultimi anni il consumo di questi vini sta aumentando notevolmente e sempre più ristoranti di fascia medio-alta propongono in carta orange wines in abbinamento a piatti speziati e complessi proprio per le caratteristiche intrinseche di questi vini.

Il risultato del pairing? Eccezionale.  Inoltre, quando si è indecisi tra un bianco o un rosso la risposta è solo una: orange!

Vediamo quindi molta prospettiva per questi vini.

Personalmente la vinificazione in qvevri è stata sorprendente fin dal primo incontro, così è avvenuto anche con i vostri vini. State partecipando agli eventi più importanti del mondo del vino sul territorio nazionale: tra i banchi d’assaggio quali sono le sensazioni e i commenti più comuni che il vostro lavoro raccoglie da parte del pubblico?

Ancora ricordo la nostra prima fiera in Spagna, terra dominata da rossi caldi, esuberanti, tannici. Presentammo il nostro TELI Sannio Barbera DOP 2022, prodotto molto diverso dai vini locali ed un assaggiatore mi disse una cosa bellissima: “questo vino mi ha fatto venire la pelle d’oca! Quante bottiglie hai? Te le compro tutte!”

Francamente nemmeno noi ci saremmo aspettati una reazione del genere, dobbiamo dire che riscuotiamo tanti feedback positivi ed allo stesso tempo curiosità/stupore quando presentiamo anche la nostra filosofia e la tecnica di vinificazione.

Nella vostra passione per i vini Georgiani avete mai pensato di produrre un vino in cui utilizzare bucce e vinaccioli nella vinificazione, magari al 10% stile Imereti con impatto più basso rispetto ai vini del metodo ‘kakheto’ che utilizzano anche i raspi? 

Siamo all’inizio della nostra avventura e sperimentare è d’obbligo. Ci siamo legati molto alla tecnica del Kakheti che prevede l’utilizzo dei raspi per un semplice motivo: la Falanghina non ha una marcata nota erbacea che invece viene molto valorizzata lasciando i raspi in fermentazione. Questa nota arricchisce la complessità e dona un finale molto più interessante rispetto allo stesso vitigno vinificato in modo convenzionale.

Riferito ad un vino, cosa significa oggi valorizzare al massimo l’identità del territorio?

Il vino è poesia e deve esprimere le caratteristiche del proprio territorio. Per noi il concetto è semplice: proporre vini in purezza, per apprezzare le caratteristiche del singolo vitigno del nostro territorio e limitare al minimo le contaminazioni esterne, così come avviene ad esempio nell’utilizzo delle barrique, che cedono il tannino del legno al vino stesso, di fatto “contaminandolo” e rendendolo meno autentico.

Dopo queste splendide produzioni cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? Avete nuovi progetti in cantiere?

Si, abbiamo tante idee e stiamo già pensando di ampliare la produzione. Abbiamo recentemente ordinato altri qvevri che ora sono in viaggio dalla Georgia proprio per sperimentare e proporre nuove etichette.

Non vogliamo “spoilerare” ancora nulla però, magari ve lo proponiamo in assaggio in anteprima.

Se non nel tuo territorio dove vi piacerebbe fare il viticoltore e con quali vitigni?

Come avrete capito, ci piace sperimentare cose nuove e non fermarci al convenzionale. Il cambiamento climatico, purtroppo, sta avendo un impatto negativo sulle colture ma allo stesso tempo sta aprendo nuovi orizzonti alla viticultura mondiale.

Si pensi, ad esempio, che oggi l’Inghilterra produce vini spumanti interessanti, cosa impensabile qualche decennio fa.

Ecco, ci piacerebbe essere i pionieri in qualche nuovo mondo, sperimentando magari nuovi vitigni e nuovi orizzonti.

Bruno Fulco

 

 

 

 

 

 

 

 

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La ricchezza naturalistica del territorio abruzzese https://lagazzetta-online.com/la-ricchezza-naturalistica-del-territorio-abruzzese/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=la-ricchezza-naturalistica-del-territorio-abruzzese https://lagazzetta-online.com/la-ricchezza-naturalistica-del-territorio-abruzzese/#respond Thu, 03 Oct 2024 16:22:01 +0000 https://lagazzetta-online.com/?p=14843     di Gabriella Izzi Benedetti *   Noi abruzzesi forse non siamo abbastanza consapevoli di vivere in un territorio ricchissimo dal punto di vista naturale. La nostra terra che passa rapidamente da zone costiere a collinari e poi submontane e quindi montane, montagne alte, le più alte di tutto l’Appennino, e poi ricca di […]

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di Gabriella Izzi Benedetti *

 

Noi abruzzesi forse non siamo abbastanza consapevoli di vivere in un territorio ricchissimo dal punto di vista naturale. La nostra terra che passa rapidamente da zone costiere a collinari e poi submontane e quindi montane, montagne alte, le più alte di tutto l’Appennino, e poi ricca di vallate e altipiani, possiede una complessità che la rende geomorfologicamente variegata, il che spiega come, ad esempio, nel settore botanico, essa possegga un numero di specie vegetali che supera le 3250 unità. Tenendo conto che in Italia le specie conosciute sono all’incirca 7700, possiamo comprendere quale varietà contraddistingua il nostro territorio. Inoltre si tratta di specie qualitativamente molto elevate.

Fra i tanti gruppi che costituiscono le famiglie floristiche ne proponiamo alcuni: la grande famiglia degli Equiseti, tipici per la forma sottile allungata dei rami, con foglie piccole, quella delle Aspleniacee, felci, alcune delle quali per gli antichi avevano proprietà medicamentose, la famiglia dei Salici, delle Persicanie, nome derivante dalla Persia, con foglie lanceolate-lineari, le Arenarie che prediligono i luoghi sabbiosi, la Saponaria con proprietà detergenti contenute nel rizoma, le Anemone (dal greco, vento) poiché le corolle dai larghi petali denotano la presenza del vento, i Ranuncoli, le Crocifere, le Violacee, le Centauree. Pochi nomi in un mare, una ricchezza incalcolabile.

La vegetazione della fascia costiera o di un entroterra poco elevato è quella a noi, nati in zone rivierasche, più nota. E sono piante in grado di adattarsi a periodi stagionali aridi. Il pensiero va alla macchia mediterranea con i suoi lecci, ginestre, cisti piccoli arbusti cespugliosi e sempreverdi, rosmarino, va agli olivi, viti, acacie, oleandri, alloro e arbusti come i ginepri; ai pini marittimi, agli eucalipti, oltre alla grande quantità di alberi da frutto fra cui i corbezzoli o albatri, sempreverdi. Fra i 500 e i 1000 metri di altitudine il paesaggio muta con il predominio di foreste caducifoglie come querce, carpini, ornielli; le caducifoglie proseguono tra i 1000 e i 2000 metri con foreste di faggeti, abeti, famiglie di aceri ecc… integrandosi nel salire con la flora più specifica alpina (il termine alpino è usato in senso ecologico, non geografico) che oltre i 2000 metri domina incondizionatamente o quasi.

La zona montana è la più ricca e variegata in quanto vive più che altrove del concorso di fattori molteplici, orografici, climatici, geologici, biologici, antropici. Un insieme di fattori definiti ecologici. A varie quote poi esistono avvallamenti, strapiombi, valloni, dove l’umidità è forte e la vegetazione acquista una composizione tutta particolare. La Maiella in specie è ricca di valloni. Questa diversità determina non solamente un’alternanza di aree dalle differenti dimensioni strutturalmente armonizzanti, ma una cromia policroma che specie durante il periodo della fioritura e quello del foliage si presenta assai suggestiva.  La varietà e ricchezza della vegetazione abruzzese, specie montana, ha determinato da sempre grande attenzione da parte di botanici e studiosi.

Riguardo ad essa Giovanni Galetti, un ingegnere bolognese, escursionista,  che ha vissuto in Abruzzo 20 anni, dal 1984 al 2004,  ha realizzato un libro sorprendente per immagini e non solo dal titolo Abruzzo in fiore  (Menabò edizioni, Ortona 2008), nel quale analizza i fattori ecologici che negli ambienti dell’alta montagna influiscono sulla vita vegetale, riconducibili alle severità climatiche, che si estrinsecano con le basse temperature, ai valori elevati della radiazione solare e delle escursioni termiche e l’intensità dei venti. Fattori plurimi determinano quindi la crescita delle varie specie. Uno di essi è l’altitudine: sappiamo che tra il livello del mare e le cime più alte del Gran Sasso la differenza media della temperatura è di circa 19 gradi.

Quindi man mano che si sale si riduce il tempo vegetativo delle piante, che deve essere superiore a 0 gradi. Se a livello del mare il periodo vegetativo copre tutto l’arco dell’anno o quasi, in alta montagna poche piante riescono a superare un tempo così lungo; sopravvivono le piante perenni, cioè quelle che crescono molto lentamente e rimangono vitali per più anni.  A quelle quote i processi fisici chimici e biologici che agiscono su sedimenti e materiali rocciosi (che hanno un ruolo nella formazione del suolo) sono rallentati sia per effetto del freddo intenso, sia per l’erosione del suolo che diventa particolarmente vistosa lungo i versanti molto scoscesi.

Diverse sono pertanto le strategie di adattamento (forme a cuscinetto, pubescenza, habitus succulento e altre formazioni) che, nel lunghissimo corso dei processi evolutivi, si sono evidenziate nelle specie alpine sotto la spinta della selezione naturale, trovando il loro habitat in questo rigido ambiente. Un esempio tipico è dato dalla Silene acaulis il cui cuscinetto aumenta di 10 cm ogni 20 anni, per cui se incontriamo una pianta del genere con 50 centimetri di diametro vuol dire che ha superato i 100 anni di vita. L’altitudine determina anche la stagionalità delle piante, cioè lo stesso tipo di pianta, per esempio la Doronicum columnae, fiorisce, in base all’altitudine, fra maggio e agosto. La stagionalità si evidenzia negli avvallamenti; modelli interessanti sono quelli situati sopra i 2000 metri in cui la neve si scioglie solo per un paio di mesi in estate.

Altro fattore è l’esposizione; è chiaro che il versante Sud delle montagne, più caldo, produce una più ricca vegetazione. Così come l’inclinazione del terreno e l’esposizione ai raggi solari giocano un ruolo determinante. Per esempio nelle zone più riparate prosperano le piante cosiddette termofile, cioè amiche del caldo, e questo accade anche ad alta quota, un esempio è dato dal Sedum rupestre; in ambienti riparati ma freschi predominano le mesofile piante che esigono l’alternarsi regolare di acqua con periodi asciutti. Mentre a temperature molto basse troviamo le piante criofile, che amano il freddo, alcune delle quali prediligono le rocce scoscese e in ombra. Ma si tratta di eccezioni perché in genere le piante vogliono il sole diretto o indiretto come può essere un sottobosco o l’ingresso di una grotta.

Altri fattori determinanti sono le precipitazioni atmosferiche; esistono piante che vivono immerse nell’acqua, le idrofile, desiderose di acqua, come i ranuncoli, quelle che vivono in zone umide adiacenti ai corsi d’acqua. Invece le xerofile, amanti del clima secco, preferiscono contenere l’acqua nelle foglie e nei fusti e prediligono le zone aride. Il vento a sua volta gioca un ruolo importante perché, aumentando la traspirazione, prosciuga la pianta e aumenta l’esigenza di rifornimento idrico, per cui in zone ventose sopravvivono piante, non solo con radici profonde, ma con molta riserva d’acqua nei tessuti. Fra l’altro l’azione del vento assieme all’altitudine incide sull’altezza delle piante che divengono più alte man mano che ci si abbassa di quota. Il vento è anche basilare poiché rimuove il polline e non sono poche le piante che affidano ad esso l’impollinazione. L’elenco dei fattori è lungo, la composizione chimica dei terreni, i fattori legati alla presenza di altre piante (perché le piante competono fra loro alla ricerca di spazi), o alla presenza e azione degli animali e dell’uomo. E altro ancora.

La fauna è un’altra incalcolabile ricchezza determinata in sostanza dalla stesse condizioni geografiche; basti pensare alla superba Aquila reale, come reali sono il Gufo e il Corvo; e poi Camoscio, Lince, Picchio dorsobianco, Lupo, una infinità. Sarebbe un discorso troppo articolato. Voglio solo mettere l’accento, con vera sofferenza riguardo a ciò che ha in mente di realizzare la Regione Abruzzo con la decisione di abbattere circa 500 Cervi e cerbiatti, meravigliose creature innocue, a beneficio dei cacciatori, con la scusa che sono in eccesso. Sarebbe tanto semplice trasferire queste creature in altre realtà geografiche, riserve che le accolgono, ad esempio sulle Alpi e in altre regioni. Che cos’è questa mattanza, questa crudeltà a beneficio dei cacciatori i quali verrebbero perfino retribuiti per tanto scempio? La barbarie è sempre dietro l’angolo, assieme a decisioni opportunistiche. Ma la chiudo qui.

Questo patrimonio straordinario che avremmo il dovere di trasmettere integro alle generazioni future, va impoverendosi. Inquinamento atmosferico, disboscamenti (che concorrono alle frane e inondazioni), costruzioni selvagge, cementificazione di aree splendide, un insieme che mette in crisi l’intero ecosistema. In montagna zone sciistiche spesso tengono ben poco conto del paesaggio. La presenza dell’uomo è stata ed è spesso distruttiva. Un tempo l’essere umano viveva in armonia con la natura, oggi la prevarica. La scelta di creare Parchi naturali e Riserve diviene sempre più pressante, anche se, per dirla col Galetti, “si tratta comunque di una sconfitta della nostra civiltà costretta a tutelarsi da se stessa”. Il rispetto dell’ambiente va doverosamente insegnato ai fruitori degli ambienti naturali, affinché non accendano fuochi, non insozzino i terreni con i rifiuti (in primis la plastica), non distruggano fiori e piante senza alcun motivo.

Riguardo alla plastica il discorso si allargherebbe troppo e sconfinerebbe. L’analisi delle micro e nano plastiche ci porta alla conclusione che la plastica si scompone continuamente nell’ambiente e raggiunge dimensioni così microscopiche da essere trasportate nell’aria, ingerite. Ne sono state trovate tracce negli organi interni, nel sangue, provocando intossicazioni e anche disturbi del comportamento, della parola, del movimento. Ma il discorso è molto più ampio e inquietante, se si pensa che tracce sono state rinvenute anche nel liquido seminale, e si teme che anche il cervello possa esserne in qualche maniera coinvolto. Dunque meno plastica si lascia sparsa in giro, meno pericoli esistono non solo a livello igienico.

Proibire serve a poco, bisogna educare al rispetto dell’ambiente. È questa la sfida; e si vince attraverso la conoscenza diretta del problema, approfondendo lo studio delle caratteristiche storico-geografiche di un territorio, rendendosi conto dal vivo dello stato di precarietà in cui versano determinate aree geografiche. Credo che i giovani, le nuove generazioni, debbano vivere queste problematiche non in forma teorica, ma con esperienze dirette. Solo così si può prendere coscienza di situazioni che altrimenti sfuggono non solo alla conoscenza, ma anche all’emozione. E sappiamo che l’emozione è la vera forza trainante, in grado (si spera), di salvaguardare la splendida natura che fa dell’Abruzzo una terra felix.

 

*Presidente della Società Vastese di Storia Patria

 

Fonte: Goffredo Palmerini

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Il giudice robot: fantascienza o realtà? https://lagazzetta-online.com/il-giudice-robot-fantascienza-o-realta/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-giudice-robot-fantascienza-o-realta https://lagazzetta-online.com/il-giudice-robot-fantascienza-o-realta/#respond Mon, 30 Sep 2024 01:19:04 +0000 https://lagazzetta-online.com/?p=14836     È morta la Giustizia! Con queste parole Alberto Sordi, ne “Il Marchese del Grillo”, si giustifica con Papa Pio VII per aver fatto suonare a morto le campane di tutta Roma, come accade solo quando muore un Papa.  “È morta la giustizia. Io avevo fatto un torto ad un povero falegname giudio ma sono riuscito, […]

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È morta la Giustizia!

Con queste parole Alberto Sordi, ne “Il Marchese del Grillo”, si giustifica con Papa Pio VII per aver fatto suonare a morto le campane di tutta Roma, come accade solo quando muore un Papa.

 “È morta la giustizia. Io avevo fatto un torto ad un povero falegname giudio ma sono riuscito, corrompendo […] a far condannare quel poveraccio solo perché lui povero e giudio e io ricco e cristiano “. Il Papa lapidario risponde: “Ricordati figliuolo, la giustizia non è di questo mondo ma dell’altro”.

Attraverso “Il Marchese del Grillo” il regista Mario Monicelli fa presa d’atto di una triste realtà. Una realtà, purtroppo, esistita ieri e che esiste tutt’oggi: la fallacia della legge e della giustizia!

Certo non è facile fare autocritica ovvero riconosce i propri errori, i propri fallimenti e farne ammenda, ma principalmente politica e giustizia o legge e giustizia che dir si voglia, valori su cui si fonda il convivio umano, se affette da fallacie formali o informali vanno indiscutibilmente purgate.

Già i classici (Platone e Aristotele) considerano come uno dei valori fondamentali della riflessione politica il concetto di giustizia. Aristotele associa di forma inscindibile detto concetto ad altri due, legge e uguaglianza: «Lex sed dura lex» (La legge è dura, ma è legge) e «Lex aequa omnia est» (La legge è uguale per tutti). In parole povere si stabilisce che sia ingiusto violare la legge e che essa debba essere uguale per tutti, così come troneggia nella scritta delle aule dei tribunali.

Politica e Giustizia

Ma come vanno effettivamente le cose?

Beh, cominciamo col dire che la Costituzione italiana (art.105) riconosce una forma di autogoverno ai giudici, al fine di assicurare l’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario dai poteri legislativo ed esecutivo. Infatti il CSM (Consiglio superiore della magistratura) decide su tutti i provvedimenti relativi allo stato giuridico dei giudici: reclutamento, trasferimenti, promozioni, distribuzione delle funzioni e provvedimenti disciplinari. E quando un magistrato commette un reato saranno i suoi colleghi a giudicarlo. Fin qui tutto filerebbe liscio se di tanto in tanto non ci mettesse lo zampino una corrente di giustizia c.d. politicizzata, che rompe l’equilibrio tra i poteri e la “Pacem in Terris” per dirla con Giovanni XXIII (il Papa Buono). Ovverosia accade, dappertutto e non solo da noi, che a volte si giudichi o si proceda a una inchiesta giudiziaria ideologicamente, senza curarsi dell’inevitabile impatto sociale e, perciò, collocando in secondo piano le garanzie individuali e l’aspettativa di ottenere un processo giusto.

L’indipendenza della magistratura è il pilastro dello Stato di diritto ed è imprescindibile vuoi per il corretto funzionamento della democrazia vuoi per la salvaguardia dei diritti umani, ma, epistemologicamente parlando, questo assioma avrà valore solo se si dà per scontata l’imparzialità del giudice.

Vexata quaestio

L’imparzialità ovvero la terzietà, l’indipendenza, e la neutralità del giudice rimane tuttora un punto dibattuto e opinabile dal momento che non si è ancora stabilito in cosa essa consista. Il principale quesito, tra i tanti, è se e in che misura le convinzioni personali e politiche del magistrato possono inficiare una sentenza.

Il tempo passa e il nodo non si scioglie! Che fare? Invero di soluzioni per rafforzare il principio dell’imparzialità e dell’indipendenza dell’organo giudicante, pilastro fondamentale per un sistema giudiziario equo e credibile, ce ne sarebbero tante, ma bisognerebbe cambiare le leggi e la Costituzione.

Il giudice del futuro

In pratica, sappiamo che così tanti cambiamenti sarà difficile che avvengano in tempi brevi, per cui si potrebbe ricorrere a rimedi c.d. “interlocutori”, che già apporterebbero dei buoni risultati a favore dell’inderogabilità del menzionato precetto, l’imparzialità del giudicante. Tra i tanti, ad esempio, i test psico-attitudinali per i futuri magistrati, già introdotti dal governo, con decorrenza 2026.

A tal provvedimento non poteva non esserci la reazione del CSM, che ha rilevato una minaccia all’indipendenza della magistratura, ricordando «[…] come il governo autonomo della magistratura conosca già reiterate e continue verifiche sull’equilibrio del magistrato che viene sottoposto a valutazione dal momento del suo tirocinio e, successivamente, con intervalli regolari ogni quattro anni».

Il governo, dal canto suo, attraverso il ministro Nordio, ha chiarito che «non c’è alcuna interferenza da parte dell’autorità politica o del governo» sulla magistratura poiché tutta la procedura dei test «è sotto la gestione e la responsabilità del CSM».

Altra misura intermedia potrebbe essere l’ulteriore riforma della responsabilità civile dei magistrati, oggi disciplinata dalla legge n. 117/1988, così come riformata dalla legge n. 18/2015 ovvero prevedere casi di applicabilità della responsabilità oggettiva e diretta dei magistrati e, per finire, assegnare al giudicante un consulente speciale: l’AI (Intelligenza artificiale).

È infatti innegabile che quest’ultima col tempo possa rappresentare un supporto sempre più rilevante in ambito giudiziario e che chi di essa se ne servirà, rendendo pressoché inquestionabili i propri processi decisionali, potrà rappresentare il giudice del futuro.

E poi ancora, dall’IA, strumento di aiuto dei giudici, al “giudice robot” il passo è breve!

Arriveremo a tanto?

Beh… che dire…  se “TacticAI” è un sistema di intelligenza artificiale in grado di prevedere il risultato dei corner e fornire indicazioni strategiche e concrete nelle partite di calcio, non è detto che “JudgementAI” non possa divenire, un domani non molto distante, il Consulente tecnico d’ufficio (CTU) ovvero il perito del giudice, da sempre peritus peritorum, o che addirittura non possa sostituirlo completamente.

A questo punto però sorge il dubbio se l’AI, applicata in ambito giurisdizionale, per meglio garantire l’imparzialità della giustizia, non metta a repentaglio l’umanità della stessa. Probabilmente sì, ma è pur vero che giustizia e umanità pur legate tra loro da motivi concettuali non costituiscono un binomio indissolubile: ci viene in aiuto il chiasmo ne “La caduta” del Parini che recita: “Umano sei non giusto”.

D’altronde i sistemi decisionali automatizzati già utilizzati nei Paesi europei costituiscono una prova lampante della graduale robotizzazione della giustizia.

Il mondo cambia e il terzo potere dello Stato, che si voglia o no, non è come l’essere immutabile di Parmenide; anch’esso deve adeguarsi.

Suvvia, ammettiamolo: la credibilità dei giudici a livelli minimi unitamente agli scandali e al crollo dei grandi teoremi giudiziari sono un segnale forte e chiaro che invoca riforme e cambiamenti. Tant’è!

G.& G. ARNÒ

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Intervista con l´Ambasciatore d´Italia in Brasile https://lagazzetta-online.com/intervista-con-lambasciatore-ditalia-in-brasile/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=intervista-con-lambasciatore-ditalia-in-brasile https://lagazzetta-online.com/intervista-con-lambasciatore-ditalia-in-brasile/#respond Fri, 27 Sep 2024 01:08:49 +0000 https://lagazzetta-online.com/?p=14833 Belém,  24/9/2024 Riportiamo qui di seguito l´intervista all´Ambasciatore Alessandro Cortese a cura di Paolo Carlucci, inviato dell´ASIB e dell´AISE.  Vale la pena ricordare che la funzione dell´ambasciatore è notoriamente di estrema importanza, in quanto permette a chi la riveste di rappresentare in territorio straniero il capo di Stato del Paese di provenienza. In sostanza,  l´ambasciatore […]

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Belém,  24/9/2024

Riportiamo qui di seguito l´intervista all´Ambasciatore Alessandro Cortese a cura di Paolo Carlucci, inviato dell´ASIB e dell´AISE.  Vale la pena ricordare che la funzione dell´ambasciatore è notoriamente di estrema importanza, in quanto permette a chi la riveste di rappresentare in territorio straniero il capo di Stato del Paese di provenienza. In sostanza,  l´ambasciatore deve possedere un  consolidato bagaglio culturale sui temi della politica, dell’economia e sui fenomeni socio-culturali e l´attività diplomatica , da come si può rilevare da questa intervista, non ha sosta. Bene dunque, se il buon giorno si vede dal mattino… complimenti Ambasciatore Cortese: la diplomazia italiana in Brasile è in ottime mani!

 

 

 

Nel giorno 19 Settembre 2024 è stato lanciato qui a Belém il libro Santa Maria de Belém do Mar Doce che tratta degli architetti e decoratori italiani che qui hanno lavorato dal XVIII al XX secolo. Il bellissimo volume è stato prodotto dall’Ambasciata Italiana con l’organizzazione della Prof.ssa Jussara Derenj dell’Università Federale del Parà. L’Ambasciatore italiano Alessandro Cortese insieme alla Ministra del Turismo Daniela Santanchè, hanno presenziato all’evento insieme  al Sindaco di Belém Edmilson Rodrigues ed altre autorità locali e pubblico invitato.

 

 Ambasciatore Alessandro Cortese, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’immigrazione italiana in Brasile, l’Ambasciata ha sostenuto la produzione del libro “Santa Maria de Belém do Mar Doce” che tratta degli architetti e decoratori italiani che qui hanno lavorato dal XVIII al XX secolo. Il libro e stato lanciato Giovedì scorso, 19 Settembre, qui a Belém, con la presenza del Ministro del Turismo Daniela Santanché ed altre personalità brasiliane.

Come è stata la ricezione da parte del pubblico presente e delle autorità locali?

 

Effettivamente quest’anno è stato un anno molto importante per le relazioni Italia-Brasile, nel quale si è celebrato il 150esimo anniversario della grande immigrazione italiana in Brasile. L’anniversario fa riferimento allo sbarco a Vitoria, nello Stato dello Espírito Santo, delle prime 380 famiglie di immigranti italiani. Ad oggi si stima che il Brasile conti circa 32 milioni di discendenti italiani, i quali sono parte integrante della società e che negli anni hanno contribuito in maniera determinante alla crescita di questo splendido Paese.

 

In questo anno speciale, l’Ambasciata ha organizzato numerosi eventi sul tema, tra i quali quello da lei citato della pubblicazione di questo bellissimo volume di 270 pagine – voglio sottolinearlo, esteticamente è proprio un bel volume – sull’influenza dell’architettura italiana a Belém, con immagini e fotografie straordinarie, in tre trilingue (Italiano, Portoghese, Inglese). L’evento di lancio è stato aperto dal Ministro del Turismo, Sen. Daniela Santanché, e mi pare che il libro sia stato molto ben accolto dal pubblico presente in sala. La coordinatrice dell’opera, Dott.ssa Jussara Derenji, è stata veramente molto brava nel realizzare questa preziosa opera. Peraltro anche nella bilaterale tra il nostro Ministro del Turismo e il Ministro del Turismo brasiliano, Celso Sabino, si è parlato dell’iniziativa, da lui apprezzata in modo particolare, essendo lui originario di Belém.

 

La Ministra del Turismo ha visitato Belém in occasione dell’incontro dei Ministri del Turismo dei Paesi del G20, che si è tenuto dal 19 al 21 Settembre. Questo avviene nel momento in cui in Brasile esercita la Presidenza del G20 e l’Italia quella del G7.

Che tipo di sinergie possibili Lei intravede con questa concomitanza e cosa si auspica?

 

Ritengo sia stata una coincidenza fortunata quella di avere nell’anno del 150esimo anniversario dell’immigrazione italiana, anche la contermporanea Presidenza brasiliana del G20 e italiana del G7, tra i piu’ importanti forum multilaterali a livello globale. Tutto ciò ha reso possibile delle sinergie nella preparazione delle agende e nello svolgimento dei vari incontri, visite ed appuntamenti, sia a livello ministeriale che di vertice.

 

Voglio ricordare che al vertice del G7 ha partecipato lo stesso Presidente Lula, a dimostrazione di come questa nostra cooperazione sia attiva e funzionale. Proprio ieri il Ministro Santanché, nell’incontro bilaterale con il suo omologo brasiliano, lo ha invitato come ospite al G7 Turismo, che si terrà in Italia a breve, il quale ha confermato dando la sua parola che farà di tutto per essere presente. Gli incontri a livello politico in questi mesi sono stati tantissimi: Esteri, Cultura (la Menezes era presente al vertice dei Ministri della Cultura G7 tenutosi a Pompei dal 20 al 21 Settembre scorsi) e tanti altri, culminati nella visita del nostro Presidente della Repubblica in Brasile, lo scorso mese di luglio. Sono state insomma coincidenze fortunatissime che hanno veramente rilanciato i rapporti tra i nostri due Paesi, rinsaldando anche relazioni personali che sono piu’ difficili da creare. Anche questo vertice ministeriale del Turismo G20 sicuramente è stata un’occasione splendida che il Ministro Santanchè ritengo abbia saputo sfruttare molto bene.

 

Ambasciatore, a 25 anni dall’ultima visita presidenziale, quella realizzata dal Presidente Sergio Mattarella nel Luglio di quest’anno segna una volontà rinnovata dei due Paesi di procedere su un cammino di relazioni bilaterali più strette e unite da obbiettivi comuni.

Può parlarci degli obbiettivi comuni che i due Paesi condividono?

 

Diciamo, innanziutto, che è molto significativo che il Presidente Mattarella sia venuto in Brasile e abbia compiuto una lunga visita di 7 giorni, visitando 5 città del Brasile. Come lo stesso entourage del Presidente faceva notare, non era mai accaduto di effettuare una visita così prolungata in un altro Paese. Qui però era necessario farlo, perché il Brasile è un Paese con una grandissima comunità italiana italo-discendente, la piu’ ampia al mondo in valore assoluto (si stima arrivi a circa 32 milioni di persone).

 

In sostanza, stiamo vivendo un momento molto importante di slancio nei rapporti e negli accordi bilaterali. Tra essi, per riprendere un tema attuale, anche il recente Memorandum d’Intesa sul turismo. I colloqui tra i due Ministri – posso dirlo per avervi presenziato – sono stati molto positivi, fruttuosi e particolarmente amichevoli e l’attuazione del MoU è stato uno dei punti principali di discussione.

Va anche ricordato che Lula era già stato in visita a Roma ed aveva incontrato il Presidente Mattarella lo scorso anno e il Presidente del Consiglio Meloni. Peraltro, ha incontrato il Presidente del Consiglio anche nell’occasione del vertice G7 a Borgo Ignazia nel giugno scorso e la rivedrà nuovamente a Rio de Janeiro tra pochi mesi.  Tre incontri in un anno, non è una circostanza da poco.

 

Tutto ciò non potrà che giovare a rilanciare i rapporti politici, cementare ancor di piu’ la vicinanza tra i due Paesi e dell’Italia alla grande “Diaspora” di connazionali in Brasile. Questi sono dei segni che gli italo-brasiliani hanno colto; in tutte e cinque le città dove si è recato e nelle quali ha incontrato la comunità italiana, il Presidente ci teneva sinceramente a trasmettere un messaggio di grande vicinanza, specialmente nel Rio Grande do Sul, dove la presenza italiana è molto cospicua, rispetto al disastro causato dalle inondazioni dei mesi scorsi. Tutto ciò è stato recepito in maniera molto positiva, direi quasi entusiasta e a tratti commovente; le posso assicurare che  ho visto anche parecchie lacrime sincere. Tutto ciò ha rinsaldato molto i vincoli storici, rimarcato anche a livello governativo. Sono pertanto sicuro che a questo seguiranno molte altre cose positive.

 

Ambasciatore Cortese questo è stato il suo primo viaggio a Belém, nella regione amazzonica del Brasile, può parlarci di questa sua esperienza, cosa la ha colpita di più?

 

Quello che mi ha colpito maggiormente del Brasile, in questo primo anno di attività, è la straordinaria diversità tra gli Stati che ho visitato. Belém, in particolare, è il tredicesimo Stato che visito, e ogni volta sembra di trovarsi in un Paese diverso.

 

Belém ha caratteristiche uniche. È il primo Stato amazzonico che visito, e la presenza della natura è fortissima, così come quella delle popolazioni locali, che si riflette in maniera evidente anche nella gastronomia. Qui si mangia davvero bene, e ho notato un grande orgoglio nei cuochi quando raccontano i piatti che preparano, spesso con nomi esotici e sapori deliziosi, mai provati prima. Gli ingredienti locali sono trattati con grande cura, e c’è una notevole varietà di cibi: frutta, carne e pesce, sia d’acqua dolce sia dell’oceano, che è molto vicino a Belém.

 

Ho anche avuto modo di visitare la città, che conserva un affascinante lato coloniale, con numerosi edifici storici. Lo stesso Palazzo della Prefettura, dove abbiamo incontrato il Sindaco, è molto bello. Abbiamo poi visto cattedrali e chiese decorate da architetti italiani, e per un romano come me è stato emozionante scoprire che qui a Belém si trova una cattedrale progettata da Coppedè. A diecimila chilometri di distanza, è sorprendente ritrovare un’impronta storico-artistica italiana così forte, e non molti ne sono consapevoli.

 

Proprio per questo motivo, il libro che abbiamo presentato è di grande importanza, anche per gli stessi abitanti di Belém, molti dei quali non avevano mai avuto accesso a un’opera che raccogliesse tutta questa ricchezza di storia, arte e architettura italiana.

 

Belém ospiterà a Novembre del 2025 l’incontro mondiale sul clima COP30. Quali sono le sfide che l’Ambasciata sotto la Sua guida dovrà affrontare per preparare al meglio la visita della delegazione italiana?

 

Le attività che hanno caratterizzato il mio 2024 sono state intense, con numerose visite e incontri a vari livelli: Governo, Presidenza della Repubblica, Governatori e Sindaci. Questi contatti ci hanno permesso di “riscaldare i muscoli”, per così dire, e hanno semplificato molti aspetti organizzativi.

 

La visita del Presidente Mattarella è stata complessa da organizzare, ma è andata molto bene. In occasione del G20 qui a Belém, ho potuto constatare l’impegno dei brasiliani nel migliorare infrastrutture come le strade, la mobilità e altri aspetti della città, in vista della COP30 del prossimo anno. Il Centro Congressi, già di per sé moderno, funzionale e ben organizzato, verrà ulteriormente ampliato, il che mi ha tranquillizzato dal punto di vista logistico.

 

Tuttavia, credo che ci sia ancora del lavoro da fare sulla viabilità e sulle strutture ricettive, come gli alberghi. Per la COP30 si attendono 40.000 partecipanti tra delegazioni e turisti, quindi la sfida sarà significativa. Nei miei colloqui con il Sindaco, il Governo Statale e il Ministro Sabino, ho capito che i miglioramenti in corso mirano a potenziare l’economia legata al turismo e all’ospitalità, con ricadute positive per la città.

 

Devo riconoscere che i brasiliani stanno affrontando questi lavori con grande serietà e attenzione, e ciò agevolerà anche il nostro lavoro organizzativo. Questa visita mi ha lasciato molto più sereno riguardo l’evento: sono sicuro che le Autorità italiane, una volta arrivate qui, troveranno una città rinnovata e ancora più accogliente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Edmilson Rodriges, sindaco di Belem

Paolo Carlucci

ASIB-AISE

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Belém, 24/9/2024

Il vicepresidente dell´ASIB (Associazione Stampa Italiana in Brasile) per Pará- Amazzonia ha intervistato  la ministra del Turismo italiana, Daniela Santanché, alla Ministeriale del G20 in Brasile.

Dal 19 al 21 di Settembre si è tenuto a Belém l’incontro sul Turismo dei ministri del G20, l’Italia è stata rappresentata dal nostro Ministro del Turismo Daniela Santanchè.

Il Ministro Santanchè ha inoltre presenziato al lancio del libro “Santa Maria de Belém do Mar Doce” prodotto dall’Ambasciata d’Italia in Brasile, che tratta degli architetti, pittori e decoratori italiani che hanno lavorato qui dal XVIII al XX secolo. 

Qui di seguito l´intervista integrale e alcune foto del G20.

Carlucci intervista il Ministro del Turismo Daniela Santanchè

 

 

D. – Ministro Daniela Santanchè, quali sono gli obbiettivi che questa riunione dei Ministri del G20 si prefigge in vista del prossimo vertice G7 sul turismo?

 

R. – Direi che ci sono alcune parole chiave che saranno valide anche per questo primo G7 sul turismo che si terrà in Italia, a Firenze. La prima parola è sostenibilità cioè il turismo deve essere sostenibile, ma la sostenibilità non dev’essere soltanto un’etichetta; la sostenibilità ha bisogno di risorse quindi ogni Governo deve sostenere il cambiamento da questo punto di vista.

Un’ altra parola chiave è l’intelligenza artificiale che sicuramente può essere un ‘opportunità ma i Governi devono far sì che non diventi una minaccia quindi bisogna regolamentare perché oggi tutto quello che ci sembra possibile non è detto che sia un’opportunità se non sapremo regolamentare questa nuova tecnologia. Sicuramente è importantissima per il turismo perché il turismo è molto digitale, molto tecnologico; le prenotazioni si fanno tutte attraverso le piattaforme ma quello che avrà l’intelligenza artificiale nel turismo avrà anche una grande massa di dati perché l’AI è un grande elaboratore di dati e attraverso i dati potremmo sviluppare delle strategie più efficaci per il turismo.

 

D. – Come Ministro del Turismo dell’Italia quali sono le Sue aspettative per questa conferenza COP 30 sul clima che si terrà qui a Belém nel Novembre del prossimo anno?

 

R. – Direi intanto che l’Italia sarà sempre più centrale in tutte le tematiche perché finalmente l’Italia ha un Governo stabile, affidabile, un Governo che poi le cose che dice le fa e quindi avremo sicuramente come Nazione un tema centrale. I temi sono tanti, bisogna saperli affrontare senza un furore ideologico, bisogna parlare dei temi senza estromettere l’uomo perché non è in contrapposizione con l’Ambiente né questo è in contrapposizione con l’Uomo ma bisogna fare delle politiche per sostenere che l’uomo e l’ambiente debbano stare insieme per produrre i migliori risultati.

 

D. – In questa città, Capitale dell’Amazzonia Orientale, hanno lavorato in passato molti artisti italiani nel campo della pittura, della decorazione, dell’architettura. Che effetto fa vedere per la prima volta tutto ciò di persona?

 

R. – È stato molto bello e ieri abbiamo visitato la Cattedrale e alcuni Musei dove l’impronta è sicuramente italiana. Abbiamo visto che l’Ambasciata italiana in Brasile ha promosso e lanciato questo libro bellissimo parlando di italiani che erano artigiani, architetti, ingegneri che hanno attuato qui a Belém e quindi questo ci rende ancora più orgogliosi di essere italiani, anzi le dirò di più, noi italiani più andiamo in giro per il mondo e più dobbiamo essere orgogliosi di esserlo perché dovunque andiamo c’è qualcosa che ci rappresenta e soprattutto c’è sempre grande meraviglia e attenzione quando si parla della nostra grande Nazione.

 

D. – Ministro quali sono state le Sue prime impressioni sulla città di Belém?

 

R. – Belém è sicuramente una città interessante comunque una porta per l’Amazzonia e la foresta amazzonica è un riscontro in tutto il mondo perché comunque ci dobbiamo ricordare che è per tutti il polmone del mondo, poi perché ha delle bellezze naturalistiche importanti e soprattutto poi c’è questa grande voglia, come ha detto il Ministro del Turismo brasiliano, di puntare sul turismo, di metterci i soldi perché quando si parla di sviluppo e di turismo gli Stati e i Governi centrali ci devono credere e vedendo poi che qua il prossimo anno ci sarà un grandissimo evento sono certa che Belém cambierà faccia diventando ancora più bella e mi auguro che ci saranno anche aziende italiane che daranno il loro contributo.

 

D. – Qui in Brasile vivono circa 32 milioni di discendenti italiani, molte di queste persone non sono poi mai tornate in Italia per vari motivi ma esiste ed è ormai iniziato un turismo di ritorno che forse andrebbe incentivato, cosa può dirci su questo?

 

R. – Il turismo delle radici. Noi abbiamo tantissimi brasiliani che hanno origini italiane, io dico semplicemente che per noi esseri umani è molto importante dove si va ma è anche molto importante sapere da dove si viene e io credo che dovrebbero venire nei loro luoghi di origine per imparare a conoscere se stessi perché poi le famiglie di origine sono quelle che danno l’imprinting; la nostra educazione, la nostra vita,  i nostri valori, la nostra visione e quindi consiglierei a tutti di venire a vedere le proprie origini perché possono essere uomini e donne migliori quando scoprono da dove arrivano.

 

Alcune immagini dell´evento

 

 

 

 

 

 

Celso Sabino, Ministro del Turismo del Brasile

Paolo Carlucci

ASIB-AISE

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La pace: sogno, utopia o progetto https://lagazzetta-online.com/la-pace-sogno-utopia-o-progetto/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=la-pace-sogno-utopia-o-progetto https://lagazzetta-online.com/la-pace-sogno-utopia-o-progetto/#respond Wed, 25 Sep 2024 01:27:17 +0000 https://lagazzetta-online.com/?p=14800 Tre giovani fratelli vicentini di Chiampo in Brasile: Davide, Maria e Riccardo raccontano la loro esperienza Di Sabrina Germi   La storia dell’umanità, nel passato e nella contemporaneità, è trapuntata da conflitti: dall’Ucraina alla Palestina, dal Myanmar allo Yemen, ad oggi sono 161 i paesi nel mondo (le cifre, sempre altissime, oscillano a seconda delle […]

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Tre giovani fratelli vicentini di Chiampo in Brasile: Davide, Maria e Riccardo raccontano la loro esperienza

Di Sabrina Germi

 

La storia dell’umanità, nel passato e nella contemporaneità, è trapuntata da conflitti: dall’Ucraina alla Palestina, dal Myanmar allo Yemen, ad oggi sono 161 i paesi nel mondo (le cifre, sempre altissime, oscillano a seconda delle fonti e delle classificazioni) che registrano eventi conflittuali, alcuni a “bassa intensità”, altri ad “alta intensità”.

Non solo la storia delle nazioni vive sui conflitti, ma anche quella degli individui: si inizia alla nascita con il travaglio, la fatica di venire al mondo, e si dispiegano nella vita fino all’ultimo conflitto, l’agonia, quando c’è, dove si combatte l’ultima battaglia tra vita e morte. E in mezzo ci sono i conflitti che accompagnano la vita di tutte le persone.

 

Come prevenire il conflitto?

Molti conflitti insorgono per la difficoltà che abbiamo nel riconoscere la diversità dell’altro: siamo tra uomini simili per molti aspetti, ma al contempo anche “diversamente simili”.

C’è un legame forte tra riconoscimento e identità, perché la seconda è plasmata e strettamente connessa al primo: il misconoscimento si può trasformare in dolorosa ferita capace di paralizzare e bloccare la crescita.

Per prevenire il conflitto è necessario un lavoro preparatorio volto a sviluppare in noi la capacità di riconoscere negli altri la loro unicità, tollerarla, apprezzarla, comprenderla. Noi esistiamo all’interno delle relazioni, e grazie a queste ci riconosciamo nelle somiglianze e nelle diversità, in questo percorso di riconoscimento dell’unicità nostra e dell’altro possiamo aprire la strada per la prevenzione del conflitto e la costruzione della pace.

In questa strada si sono incamminati, tre giovani vicentini di Chiampo: Davide, Maria e Riccardo che hanno scelto di trascorre una parte dell’estate in Brasile per partecipare al Genfest 2024.

 

Che cos’è il Genfest?

Il Genfest è un evento globale, multiculturale e multietnico, con un vasto pluralismo religioso, che ogni 5 anni dal 1970 raduna giovani da tutti gli angoli del pianeta per riflettere insieme su numerose tematiche, guidati da uno spirito di pace e fratellanza. Fu indetto per la prima volta dal Movimento dei Focolari e, visto l’enorme successo, venne ripetuto nel 1975 a Roma. Ha perciò̀ delle forti radici nel cattolicesimo, sebbene sia multireligioso. Quest’anno si è svolto in Brasile, nella località̀ di Aparecida, un comune a circa 180 km da San Paolo. La location tutt’altro che qualsiasi: la Basilica di Nostra Signora di Aparecida, il più̀ importante luogo di preghiera cattolico del Brasile, la più̀ grande chiesa cristiana del continente americano e la più̀ grande al mondo dopo la Basilica di San Pietro in Vaticano.

Juntos para cuidar”, che significa “Insieme per prendersi cura” è il tema che ha riunito giovani provenienti da tutto il mondo, chiamando in causa l’impegno personale di ciascuno, attraverso esperienze di volontariato per mettersi a disposizione delle esigenze del territorio sudamericano. A cui sono seguiti workshop per settori di interesse, incubatori di scambi, idee e proposte, per uno sguardo al dopo-Genfest: come posso portare avanti nella mia realtà ciò che ho imparato qui?

Davide, 27 anni, consulente industriale racconta: “In queste due settimane abbiamo respirato il mondo, in varie sue forme. Abbiamo cominciato conoscendo le persone ai margini della società, un’esperienza che mi ha trasmesso come non mai la consapevolezza che ogni essere umano è capace di generare qualcosa di positivo nel giusto contesto, abbiamo avuto conferma che in tutto quello che viviamo e che vogliamo provare a fare non siamo soli, che non c’è barriera linguistica, culturale all’amore, e quindi alla pace”.

Riccardo, 25 anni, studente all’ultimo anno di Scienze e Tecnologie per l’ambiente all’università di Padova, si racconta: “È stata un’esperienza unica per le forti emozioni vissuti, per l’ambiente e i compagni di viaggio, 4000 persone da tutto il mondo, da oltre 50 Paesi, tutte in uno stesso punto, l’energia che si respirava era elettrica, eravamo tutti lì per lo stesso motivo e ci accomunava lo stesso obbiettivo: la pace e l’unita tra i popoli. Molti ragazzi si sono attivati per fare l’auto-finanziamento per coprire le spese del viaggio e molti i Volontari che ci hanno aiutato nell’organizzazione dei vari momenti, così come tante le lacrime di gioia versate alla fine dell’esperienza, come diceva un vecchio saggio “Non tutte le lacrime sono un male”. Appena arrivati siamo a Sao Paulo ci siamo divisi nelle varie associazioni per cui avevamo espresso una preferenza al momento dell’iscrizione all’evento, la mia in particolare, era la Fazenda de Esperança a Guaratinguetà, centro di recupero per tossicodipendenti molto diffuso in Brasile. Qui ho passato una settimana a conoscere le storie di tante persone che erano in terapia e di quelli che erano lì a fare volontariato insieme a me, una ventina di persone provenienti da Italia, Iraq, Australia, Nuova Zelanda, Nuova Caledonia e Stati Uniti. Alla Fazenda abbiamo conosciuto persone di varie età, che cercavamo di far rifiorire la loro vita, superando dipendenze da droga, all’alcol, gioco d’azzardo e dipendenza dal web, fino a persone che soffrivano di depressione. Ricordo, Bruno, con una dipendenza da crack e 2 figli giunto finalmente al termine del percorso di recupero, che stava riprogettando il suo futuro, come cuoco nella pizzeria di famiglia, oppure Maicol con problemi di dipendenza da alcol e droghe, oltre ad un passato criminale, con tante lacerazioni nel corpo e nell’anima, dovute all’abbandono della famiglia, la perdita di un figlio e un tentato omicidio nei suoi confronti, tutto questo ad appena 26 anni. Nelle comunità che abbiamo visitato ho potuto vivere con loro la spiritualità del Vangelo e ho potuto toccare con mano la forza e l’amore che ne derivano.

Queste storie mi hanno insegnato la riconoscenza alla vita che abbiamo, spesso data per scontata, dal grazie alle persone che ci accompagnano nella vita, al cibo che abbiamo sulla nostra tavola, fino alle confortevoli mura di casa che ci circondano e proteggono”.

Durante il Genfest, racconta Maria, 21 anni studentessa di Lettere Storiche all’università di Verona,abbiamo affrontato il tema della pace nel mondo, abbiamo visto la diversità̀ e la ricchezza delle diverse culture. Ho ascoltato esperienze di giovani che hanno cambiato radicalmente le loro vite, dalla Siria alle Filippine, dalla Repubblica Ceca allo Zimbabwe, dall’Australia all’Argentina, e alla fine dell’evento abbiamo concluso con una marcia per la Pace, con tutte le bandiere del mondo ricordando tutti i conflitti che sono in atto in questo momento sulla Terra e che speriamo possano risolversi al più presto”.

Volontariato, spettacoli di teatro e di musica, workshop, momenti di preghiera e di testimonianze, il Genfest 2024 è stato tutto questo e molto di più: un evento concreto di fraternità universale. Dopo aver ascoltato la cronaca di questi straordinari giorni, in cui questi giovani vicentini hanno respirato il mondo, in varie sue forme, ho rivolto loro alcune domande:

C’è chi suppone, che a non farsi troppo sentire in merito alla pace siano proprio i giovani. Proprio quelli che accorrono sempre numerosi con cartelli e slogan da brandire nelle piazze per tanti altri problemi sociali come il cambiamento climatico, la violenza sulle donne, le ingiustizie. È davvero così? E se sì, perché avviene questo?

Maria: Noi giovani siamo i primi a metterci in gioco cercando di farci sentire su qualsiasi tematica che ci stia a cuore. Solo che ci dividiamo in due grandi gruppi: quelli che protestano tra le strade delle loro città e quelli che si mettono in gioco, facendo qualcosa di concreto, per cambiare le cose. Spesso protestiamo perché́ vogliamo un futuro migliore e vogliamo poter farci sentire da una società̀ che è governata da vecchi, che di conseguenza hanno idee vecchie anche per noi.

Come si può contribuire attivamente e quotidianamente a costruire la pace?

Maria: “Per contribuire quotidianamente alla costruzione della pace bisogna imparare a mettere da parte l’orgoglio e cercare di aiutare il prossimo, diffondendo questa cultura sia a parole, che a fatti”.

Assistere al crescente aumento di conflitti e tensioni globali, può provocare un senso di grande frustrazione. La frustrazione di dover assistere, senza che le proprie azioni possano cambiare le cose. Ma è davvero così?

Maria, Riccardo, Davide: “Crediamo che concretizzando quello che si esprime a parole, le nostre azioni possono cambiare le cose. Questi cambiamenti non sono mai enormi ma si comincia sempre dalle piccole cose, facendo la propria parte nel quotidiano, trattando bene il prossimo che a sua volta può trattare bene il suo prossimo e via dicendo, come una sorta catena, dove il futuro arriva dal presente. Prova a far iniziare ogni giornata con un sorriso, diventerà un sorriso contagioso!”

Come ci insegna la psicologia clinica e come raccontano Riccardo, Maria e Davide l’effetto farfalla nella vita quotidiana, è rappresentativo di un qualsivoglia piccolo cambiamento nelle condizioni iniziali del sistema che conduce a conseguenze su scale più grandi, il cambiamento del singolo può portare al cambiamento del sistema. Come diceva Alessandro Magno: “Molto spesso, dalla condotta di uno solo, dipende il destino di tutti”.  Sono i piccoli gesti che portano alla felicità delle persone, se tutti noi facessimo la nostra piccola, ma significativa parte, il risultato non potrebbe che essere una grande unica azione, che il singolo, da solo, non sarebbe in grado di realizzare. L’effetto farfalla, se inteso come mantra, può aiutarci a non procrastinare, a vivere il presente e a cercare di esprimere noi stessi, per vivere più sereni e non avere rimpianti e, cosa più importante, a muovere i primi passi di un percorso che potrebbe portare a grandi cambiamenti.

 

In che modo voi e i vostri coetanei pensate alla pace?

Maria, Riccardo e Davide: Dipende da persona a persona, c’è chi non ne vuole parlare, perchè significherebbe parlare di tutti i conflitti di cui parlano quotidianamente: televisione, giornali, social, con un senso di negatività che non si vuole avere, dall’altra parte, chi ne parla invece cerca di pensare a soluzioni, perchè il pensiero comune è che la pace è l’unica situazione in cui tutti hanno un beneficio.

 

Com’è possibile, secondo Voi, promuovere la pace in tempo di guerra?

Maria: “La pace si costruisce con il perdono e non con la sete di potere. Finché le persone che hanno il potere non imparano ad essere umili allora è difficile promuoverla. Credo che noi giovani facendo queste esperienze come il Genfest stiamo già̀ promuovendo la pace. Il perdono è l’unico comportamento che può promuovere la pace, perché se qualcuno non perdona nessuna guerra può finire.

È ormai pacifica la convinzione che i conflitti superati portino alla crescita della persona, al tempo stesso torti, ingiustizie, abbandoni, tradimenti, ci fanno star male emotivamente sono come «un coltello affilato che penetra nella carne», possono ferire il cuore, l’orgoglio, l’autostima, la fiducia, l’identità. Rabbia, risentimento, rancore, ma anche dolore, senso di colpa, vergogna e paura si scatenano talvolta in maniera prepotente quando sentiamo di aver vissuto un torto, facendoci precipitare in un abisso emotivo, in cui proprio i nostri tentativi per risalire finiscono per farci sprofondare sempre di più”.

Spesso a ferirci sono genitori, fratelli, figli, partner. La ferita è molto più sensibile, in relazione al tipo di legame affettivo che all’effettivo danno. Ma, ancora, doloresenso di colpa, rimorso, vergogna, paura di soffrire nuovamente, desiderio di vendetta, spesso attanagliano la persona ferita, ma come affermava Francis Bacon un uomo che medita la vendetta mantiene fresche le sue ferite”. Recentemente la psicologia si è focalizzata su una nuova strada, forse meno ovvia, per risolvere i conflitti, anche e soprattutto quelli interiori, e che passa attraverso il perdono, un «balsamo miracoloso» per la loro cura che il mondo scientifico ha riscoperto solo negli ultimi trent’anni. È questo un discorso complesso e di facile fraintendimento, dato che sono parole che appartenevano in passato più al campo della religione, che a quello psicologico. Le ricerche empiriche di questi anni mostrano che la capacità di perdonare, senza nulla togliere alla giustizia e ai ricordi, comporta un lavoro interiore liberatorio: il perdono non in senso buonista, ma più nell’ottica Eriksoniana di saggezza e integrità dell’io. Rabbia, risentimento, rancore sono tra le emozioni che abitano il cuore della persona ferita, emozioni che diventano tossiche più per chi le prova che per la persona a cui sono indirizzate, ossia l’offensore.

Scriveva Nelson Mandela che «Il perdono libera l’anima, rimuove la paura. È per questo che il perdono è un’arma potente». Il perdono è un percorso che obbliga a scendere verso gli inferi del nostro mondo emotivo, per poi gradatamente risalire per osservare la realtà con occhi nuovi e riconciliati, uscendo finalmente «a riveder le stelle», come recita l’ultimo verso dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri. Non ci sono dubbi: perdonare conviene. Ma allora perché è così difficile farlo secondo voi giovani?

Maria, Riccardo e Davide: “Il perdono è l’arma più efficace per sedare i conflitti, è difficile perché magari si è perso troppo in un conflitto, o perché troppo ingabbiati nel rancore, oppure perché si ha paura di risultare deboli. Pensiamo che il perdono sia fondamentale, anche perché se non si è i primi a perdonare nessun conflitto avrà mai fine”.

Tra le spiegazioni che rientrano nella difficoltà a perdonare, c’è anche il bisogno di giustizia, spesso mascherato di desiderio di vendetta, la tendenza a giudicare, ritenere il perdono come atto di debolezza, temere che perdonare debba per forza corrispondere al riconciliarsi. Dal punto di vista psicologico, nel perdono non si scusa il torto, ma ci si libera di tutte le emozioni e i pensieri negativi legati al ricordo di ciò che si è vissuto.

Pratica antichissima e universalmente diffusa, il perdono ha il potere non solo di sanare le ferite emotive, ma anche di migliorare notevolmente la salute fisica e il benessere psicologico, come dimostrano studi medici e psicologici: il perdono migliora il funzionamento del sistema cardiocircolatorio, immunitario, nervoso e, ovviamente, il benessere psicologico. Ma non solo: chi perdona ha relazioni più soddisfacenti con gli altri, maggior produttività sul lavoro e, in generale, una vita più serena e appagante. Purtroppo, però, la via verso il perdono è irta di ostacoli e richiede di disporre di strategie efficaci per superarli, come quelli messi a punto nell’ambito della Psicoterapia Breve Strategica.

Carissimi giovani una grande grazie per queste “perle di saggezza” e di speranza. Ritornando alla nostra domanda iniziale, possiamo rispondere che la pace può essere, ancora oggi, utopia concreta, vita da costruire ogni giorno con l’altro”, chiunque esso sia. L’utopia della pace è nelle nostre mani, è realmente possibile, perché essa dipende dalla “facoltà del possibile” che si trova negli esseri umani, ovvero dalla capacità di ognuno di scegliere il bene contro il male, iniziando da piccole, semplici azioni, come un sorriso!

Fonte: VicenzaPiù

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Frecce Tricolori Consulate Event https://lagazzetta-online.com/frecce-tricolori-consulate-event/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=frecce-tricolori-consulate-event https://lagazzetta-online.com/frecce-tricolori-consulate-event/#respond Tue, 24 Sep 2024 14:08:23 +0000 https://lagazzetta-online.com/?p=14666 Event Overview Freece Tricolori Consulate Reception on August 12, 2024 at La Devozione Chelsea Market welcoming the Italian Airforce, Frecce Tricolori during NAT24 Mission across Canada and America.   Fabrizio Di Michele, The Consul General of New York, hosted an exclusive event on August 12 at La Devozione in the iconic Chelsea Market welcoming The […]

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Event Overview
Freece Tricolori Consulate Reception on August 12, 2024 at La Devozione Chelsea Market welcoming the Italian Airforce, Frecce Tricolori during NAT24 Mission across Canada and America.

 

Fabrizio Di Michele, The Consul General of New York, hosted an exclusive event on August 12 at La Devozione in the iconic Chelsea Market welcoming The Fecce Tricolori “Tricolor Arrows”, during their North American Tour, NAT 24. The Italian Air Force, embarked on an epic mission aboard the MB-339 PAN journeying through Canada and the United States marking its return to New York after 32 years.
In a GIA exclusive we spoke with Colonel Stefano Pietropaoli who shares “Our main objective to be here in the United States and Canada is to say thank you to all the Italians that are living here. It was really impressive to meet all the Americans, all the Canadians but most of all, all the Italian residents living here giving us a huge lesson on how to take a tradition from Italy, how to love Italy and how to love the Italian flag; that for us was one of the best lessons we had from this tour.”
Captain Simone Fanfarillo shares it takes an impressive 10 minutes to fly between Philadelphia and New York. Full of pride in himself and his team he takes formation as Pony 5, the 2nd Right Wingman, one of ten pilots which together make up the Pattuglia Acrobatica Nazionale, National Aerobatic Team, (PAN). PAN was created in 1961 at the Rivolto Air Base in the Province of Udine.
Lieutenant Colonel Salvatore Massimilano, Commander of the Frecce Tricolor, reminisced on the days mission. “We just landed a few hours ago from our flyby over New York. It was a really an important day for us because after almost two months that we left Italy, now we are in New York. This morning we had a chance to fly in such an iconic city like New York. We saw some picture of the previous tour of the Frecce Tricolori 32 years ago and now living this emotion live for us is a real unforgettable day. We are ambassadors of our nation, we are ambassadors of our airforce, Auonautica Militaire, and thats the way we do it. We just bring our green white and red smokes around the world
Jennifer Adriana LaDelfa
Published in Giornale Italo Americano, The Italian American Journal in New York on August 22, 2024.
Photo 1
Counsel General of Italy in New York, Fabrizio DiMichele, welcomes The Italian Airforce Army, Frecce Tricolori, during their NAT24 Mission at an exclusive reception at La Devozione in the iconic Chelsea Market on August 12, 2024.
Photo Credit, Jennifer Adriana LaDelfa
Photo 2
Frecce Tricolore, “Tricolor Arrows” promotes “Roots Tourism” showcasing Italian excellence of the Made in Italy label flying along the Statue of Liberty making New York history on August 12, 2024.
Photo Courtesy, Jennifer Adriana LaDelfa
Photo 3
The Italian Airforce Army, Frecce Tricolori, paints the skies green, white, and red flying over the New York Skyline during its NAT24 mission on August 12
Photo Credit, Aeronautica Militare

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Webinar Sobratema https://lagazzetta-online.com/webinar-sobratema/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=webinar-sobratema https://lagazzetta-online.com/webinar-sobratema/#respond Tue, 24 Sep 2024 05:12:31 +0000 https://lagazzetta-online.com/?p=14658 Webinar Sobratema fornecerá, nesta quinta (26/9), informações para transportar equipamentos de forma segura Nesta quinta-feira, dia 26 e setembro, a partir das 15h, acontece o 17º Webinar Sobratema Movimentação de Equipamentos e Cargas, com o objetivo de fornecer informações técnicas, dicas e alertas sobre as principais questões envolvendo o transporte seguro de máquinas pesadas. O […]

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Webinar Sobratema fornecerá, nesta quinta (26/9), informações para transportar equipamentos de forma segura

Nesta quinta-feira, dia 26 e setembro, a partir das 15h, acontece o 17º Webinar Sobratema Movimentação de Equipamentos e Cargas, com o objetivo de fornecer informações técnicas, dicas e alertas sobre as principais questões envolvendo o transporte seguro de máquinas pesadas. O conhecimento é um fator essencial quando se trata da movimentação segura de desse tipo de carga, pois essa atividade envolve uma série de riscos que podem comprometer a empresa e os profissionais envolvidos.

O evento da Associação Brasileira de Tecnologia para Construção e Mineração (Sobratema) contará com uma programação formada por quatro apresentações e um debate, onde os especialistas convidados responderão questionamentos dos internautas. A abertura ficará a cargo do engenheiro Afonso Mamede, presidente da Sobratema. A transmissão ocorrerá pelo Canal do YouTube da entidade.

A primeira apresentação será ministrada pelo engenheiro Carlos Gabos, instrutor do Instituto Opus de Capacitação Profissional da Sobratema, que versará sobre segurança no carregamento, descarregamento e içamento dos equipamentos, inspeção do veículo transportador, e responsabilidade, normas técnicas, legislação e procedimento correto na amarração de cargas, trazendo informações técnicas para conscientizar a importância dessa atividade.

Nas sequência, Dasio de Souza e Silva Junior, vice-presidente executivo do Sindicato Nacional das Empresas de Transporte e Movimentação de Cargas Pesadas e Excepcionais (Sindipesa), trará um panorama geral do setor, incluindo a legislação vigente e suas implicações para o transporte e movimentação de cargas pesadas, bem como os cuidados necessários para sua execução segura.

 Jhon Ferrazza, representante comercial internacional da Athrol Agência e Transportes Horizontina, ministra a terceira palestra com foco na questão do transporte, abordando temas como alertas e dicas para seleção do transportador, gerenciamento de risco, seguro, tipos de veículos, referências da legislação sobre a atividade e as cargas de retorno.

Para trazer conhecimento sobre a legislação paulista na área de transporte de cargas pesadas no Estado de São Paulo, a engenheira Vânia Torquato Sobrado, coordenadora de Operações de Pedágio e Balança do Departamento de Estradas de Rodagem de São Paulo (DER-SP), proferirá a quarta apresentação, no qual ainda fará uma avaliação sobre a importância de conhecer a legislação vigente para mitigação de riscos.

O Webinar Sobratema Movimentação de Equipamentos e Cargas conta com o patrocínio da Armac, GO4 Digital, Lotti e XCMG e é direcionado para os profissionais das áreas de logística e transporte de cargas, da construção, de locação e de equipamentos, dealers, fornecedores e prestadores de serviço, agentes públicos e representantes de entidades setoriais.

Material distribuído por:
Mecânica de Comunicação

Tels.: (11) 3259-6688
Email: sylvia@meccanica.com.br

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Italia – Brasile, accordo patenti di guida https://lagazzetta-online.com/italia-brasile-accordo-patenti-di-guida/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=italia-brasile-accordo-patenti-di-guida https://lagazzetta-online.com/italia-brasile-accordo-patenti-di-guida/#respond Tue, 24 Sep 2024 05:02:50 +0000 https://lagazzetta-online.com/?p=14655 PORTA (PD): ITALIA E BRASILE FACCIANO TUTTO IL POSSIBILE PER RENDERE OPERATIVO IL RINNOVO DELL’ACCORDO SULLE PATENTI DI GUIDA (Comunicato stampa – 23 settembre 2024) – “Nonostante nel luglio scorso, in occasione della visita in Brasile del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sia stato finalmente firmato il rinnovo dell’accordo per il mutuo riconoscimento delle patenti […]

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PORTA (PD): ITALIA E BRASILE FACCIANO TUTTO IL POSSIBILE PER RENDERE OPERATIVO IL RINNOVO DELL’ACCORDO SULLE PATENTI DI GUIDA

(Comunicato stampa – 23 settembre 2024) – “Nonostante nel luglio scorso, in occasione della visita in Brasile del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sia stato finalmente firmato il rinnovo dell’accordo per il mutuo riconoscimento delle patenti di guida tra i due Paesi (dopo un anno e mezzo dalla sua scadenza), le autorità diplomatiche hanno comunicato che sarà necessaria la ratifica da parte del Parlamento brasiliano di tale atto. Nonostante la frustrazione di quanti ritenevano che la vigenza dell’accordo sarebbe stata immediatamente successiva alla firma del rinnovo, compresa quella di chi come me si era prodigato con grande determinazione per giungere rapidamente a tale risultato, dobbiamo prendere atto di questo ulteriore passaggio istituzionale e per questo motivo ho già sensibilizzato formalmente il mio collega Presidente del gruppo di amicizia parlamentare Brasile-Italia, Eros Biondini, affinché possa sollecitare il Congresso brasiliano ad approvare con la necessaria urgenza tale convenzione bilaterale. Non è giusto fare attendere ulteriormente migliaia di persone e soprattutto lavoratori in attesa dell’approvazione di tale rinnovo. Contestualmente sto chiedendo al governo italiano che, nelle more di tale iter burocratico-istituzionale, possa essere consentito a quanti avevano a suo tempo beneficiato dell’approvazione dell’accordo di continuare a esercitare la loro facoltà di guidare gli automezzi nel nostro territorio nazionale”.


ON. FABIO PORTA
CAMERA DEI DEPUTATI
Ufficio: Palazzo Valdina
Piazza Campo Marzio, 42 – 00186 Roma
Tel. 06 6760 5936
Email: porta_f@camera.it

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